LA MALNATA || Beatrice Salvioni || Einaudi || 241 pagine || 21 marzo 2023
Monza, marzo 1936: sulla riva del Lambro, due ragazzine cercano di nascondere il cadavere di un uomo che ha appuntata sulla camicia una spilla con il fascio e il tricolore. Sono sconvolte e semisvestite. Ć Francesca a raccontare in prima persona la storia che le ha condotte fino a lƬ. Dodicenne perbene di famiglia borghese, ogni giorno spia dal ponte una ragazza che gioca assieme ai maschi nel fiume, con i piedi nudi e la gonna sollevata, le gambe graffiate e sporche di fango. Sogna di diventare sua amica, nonostante tutti in cittĆ la considerino una che scaglia maledizioni, e la disprezzino chiamandola Malnata. Ma quella sua aria decisa, l’aria di una che non ha paura di niente, la affascina. SarĆ il furto delle ciliegie, la sua prima bugia, a farle diventare amiche. Sullo sfondo della guerra di Abissinia, del dolore per la perdita e degli scompigli dell’adolescenza, Francesca impara con lei a denunciare la sopraffazione e l’abuso di potere, soprattutto quello maschile, nonostante la riprovazione della comunitĆ .
La frase più ricorrente che ho sentito riguardo questo romanzo, è stata: "Ricorda L'amica geniale". Qualcuno me lo ha persino detto con tono dispregiativo, come se essere associati a Ferrante possa essere una cosa negativa (perdonali, Beatrice, non sanno ciò che dicono!).
Ma quindi, Amica geniale sƬ o no? Per quanto mi riguarda, no! E credo sia il caso che molti "lettori della domenica" la piantino di associare a quella tetralogia qualunque romanzo veda protagoniste due ragazzine e un rapporto di amicizia.
La chiamavano la Malnata e non piaceva a nessuno. Dire il suo nome portava sfortuna. Era una strega, una di quelle che ti appicciano addosso il respiro della morte. Aveva il demone dentro e con lei non ci dovevo parlare.
La malnata è Maddalena, un corpo spigoloso, i capelli scuri tagliati storti, una macchia rossa lucida che dalla tempia, attraverso la guancia, le arriva sino al mento, lì dove si dice che il diavolo l'abbia baciata.
Porta sfortuna, la malnata, questo è ciò che dicono di lei; le donne, quando la vedono passare, si segnano e sussurrano scongiuri.
"Bisogna starle lontani", questo è ciò che Francesca si è sempre sentita ripetere dalla madre: "à cattiva, la malnata, e le signorine perbene non frequentano certe persone".
E Francesca è una signorina perbene, anche se adesso non vive più in una grande casa con tanta servitù, ma in un appartamento piccino, dove c'è la Carla che si occupa di tutto e dove la madre trascorre le giornate a imbellettarsi il viso.
Se mi avessero chiesto di descrivere mia madre, di una cosa sarei stata sicura: non era felice.
Ma c'ĆØ qualcosa che attira Francesca verso quella ragazza, qualcosa che Francesca non sa spiegarsi, di cui, forse, ha quasi paura.
Quindi la spia da lontano, da sopra quel ponte che affaccia sul Lambro, sulle cui sponde la malnata, in compagnia di due maschi, corre, gioca e si sporca col fango!
Ci sono rapporti che sono destinati a nascere, nonostante la contrarietĆ altrui, le differenze, le divergenze. E quello tra Maddalena e Francesca ĆØ uno di quei rapporti.
Tra le strade di una Monza fascista, tra repressione e ribellione, Beatrice Salvioni racconta uno scorcio di amicizia e d'Italia. Un'amicizia spaventata, urlata, ma salvifica.
La potenza vera di questo romanzo ĆØ racchiusa nell'essenza stessa di questa storia: una storia sporca, dolorosa, imperfetta, ma vincente esattamente come Francesca e Maddalena.
Un'amicizia imperfetta, che inciampa, cade, si rialza, per poi prendersi per mano e abbattere ogni barricata, forte del fatto che in due si è sempre più forti.
Un po' d'amaro in bocca me lo ha lasciato il finale: duro come il resto del romanzo, ma quasi tronco. Una chiusura netta e improvvisa che mi ha destabilizzata, ma anche fatto un po' arrabbiare, perchƩ io di Francesca e Maddalena avrei voluto sapere tanto altro.
La malnata, Maddalena e Francesca sono quanto di più diverso possa esserci rispetto a Lila e Lenù, le protagoniste de L'amica geniale (e io direi anche "per fortuna!").
Se proprio vogliamo associare questo romanzo alla serie di Ferrante, possiamo guardare allo stile di Salvioni che, pur essendo al suo esordio, appare matura, cosciente del dono che ha, capace di creare una storia il cui pregio non risiede, forse, nell'originalità del racconto, ma nella potenza con la quale arriva al lettore, sconquassandone anima e corpo, entrandogli dentro senza alcuna remora o delicatezza e piantandosi lì, al centro del petto, togliendogli il fiato e la forza di rialzarsi.
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