"La Rosa e La Spina" di Stefania Bertola: una storia carina, dimenticabile e un finale che si chiude troppo presto


LA ROSA E LA SPINA
Stefania Bertola
Einaudi
232 pagine
7 ottobre 2025


Rosa Soave ha quasi quarant’anni, un figlio, un ex marito che l’ha lasciata il giorno di Natale e un quaderno Pigna con cui chiacchiera come se fosse un amico. E poi intorno a lei volteggiano cognate eco-bio con smanie romantiche, capi fin troppo affascinanti, preti impiccioni, editori sentimentali, professori sexy, amiche tuttofare, famiglie pericolose... In questo tourbillon, Rosa ha una sola certezza: con l’amore ha chiuso. Ma quando dalle nebbie del passato riemerge Doralice Spina – la sua miglior nemica del liceo, specializzata nel rovinare le vite degli altri – è davvero troppo. La Spina pungerà ancora o Rosa riuscirà a impedirglielo? Una deliziosa commedia metropolitana che ci consola, ci fa ridere e ci conferma che a volte non c’è altro da fare: bisogna prendere un bel respiro e ricominciare da capo. Oltre a scrivere sul suo quaderno nuovo e a detestare l’altrettanto nuova fidanzata dell’uomo che fino a ieri era suo marito, Rosa Soave ha molti altri impegni: tenere a bada le maestre troppo creative di suo figlio Valentino, frequentare un corso di danze irlandesi, difendersi dalla svagatissima cognata Clementina che abita sul suo stesso pianerottolo e le controlla la raccolta differenziata. E poi, soprattutto, provare a rimediare ai pasticci di Claudio, il fascinoso direttore del supplemento letterario per cui lavora. Fra amori improbabili, cene trappola e pettegolezzi d’ufficio, Rosa prova a tenere insieme i pezzi della sua esistenza e a inventarsi di punto in bianco una nuova normalità. Poi però, è ovvio, arrivano i problemi. Il primo è che Malefica – sì, l’ha ribattezzata così – non solo le ha soffiato il marito, ma adesso inizia persino a minacciarla perché firmi al più presto le carte per il divorzio. Il secondo è che torna in scena pure la sua nemica giurata del liceo, Doralice Spina, più seducente che mai e pronta a qualsiasi sotterfugio per ottenere ciò che vuole. È lei la vera antagonista di questa storia, visto che non c’è rosa senza spina: da una così conviene tenersi alla larga, chiedere a chi non l’ha fatto in passato e l’ha pagata carissima. Ma quando il bel direttore perde la testa proprio per Doralice, beh, Rosa non può certo restare a guardare. Con ritmo serrato, una comicità disincantata e quella leggerezza intelligente che da sempre rende unico il suo sguardo, Stefania Bertola firma un romanzo gustosissimo, brillante, ricco di colpi di scena. E ci trascina in un vortice di vita che celebra l’arte sottile di arrangiarsi con grazia.


Promessa di comfort, consegna tiepida

Ci sono libri che sembrano dirti: tranquilla, non ti chiederò niente. E va bene così, anzi a volte è proprio quello che cerchi.
Il problema arriva dopo, quando chiudi il libro e ti accorgi che non ti ha lasciato nulla addosso.

La Rosa e La Spina è esattamente quello: un romanzo educato, gentile, spesso spiritoso... eppure terribilmente inconsistente.

L'ho letto insieme a Roby (che novità!): è stata la nostra lettura in digitale, condivisa a letto, quindici minuti per volta, prima che i nostri occhi si chiudessero magicamente, commentata a bassa voce, senza mai avere la sensazione di perderci qualcosa di fondamentale.

Un comfort book che ci ha accompagnati per poi sciogliersi come neve al primo sole.

Intrattenere senza disturbare

La storia funziona mente leggi.
Scorre. Intrattiene. Ogni tanto strappa pure un sorriso.
Ma si muove su dinamiche già viste, con dialoghi che arrivano sempre un attimo dopo di te e una struttura che non osa mai davvero.

È il classico romanzo stacca-neurone: ti tiene compagnia, ma non ti prende mai per mano.
A metà lettura, durane una delle nostre pause-commento, Roby ha detto: "Secondo me succede questo".
Io non ho risposto. Non perché fosse un'intuizione geniale, ma perché lo stavo pensando anche io!
E quando due lettori diversi arrivano allo stesso punto senza sforzo e senza sorpresa, qualche campanellino dovrebbe suonare.

Personaggi in modalità fotocopia

Qui arriviamo al vero nodo: i personaggi sono piatti, stereotipati, intercambiabili.
Non ce n'è uno che lasci il segno. Uno che emerga. Uno che dica: io resto.

A un certo punto ho persino chiesto a Roby se ricordasse chi fosse chi.
Non perché siano tanti, ma perché sembravano tutti parlare con la stessa voce e muoversi con la stessa prevedibilità.
La risposta è stata un'alzata di spalle perfettamente sincronizzata.
E no, no è un buon segno.

Nessuna irritazione, sia chiaro.
Solo indifferenza.
E l'indifferenza, nei libri, è la cosa più pericolosa di tutte.

Una scrittura che meriterebbe di più

Ed è qui che spiace davvero.
Perché Stefania Bertola scrive bene, la sua è una penna brillante, leggera, ironica.
Ma è come vedere un abito confezionato benissimo su un manichino anonimo.

La sensazione costante è quella di una scrittura sprecata, intrappolata in una storia che non le permette mai di brillare davvero.

Tutto corretto.
Tutto carino.
Tutto fin troppo accomodante.

Quando è tutto chiaro troppo presto

Il romanzo non sorprende mai.
Sai dove stai andando, sai come si muovo i personaggi, sai cosa succederà sin dal'inizio.
E questo non sarebbe nemmeno un problema, se almeno il finale concedesse una vera soddisfazione narrativa.

Invece la sensazione è quella di un sipario che si abbassa proprio quando potresti finalmente vedere qualcosa concretizzarsi.

Quando lo abbiamo finito non c'è stato bisogno di grandi commenti.
Roby ha poggiato il Kobo, io ho fatto quel mezzo sospiro che significa: sì, ok.

Ed è stato lì che ho capito che quella storia mi stava lasciando addosso esattamente ciò che sentivo in quel momento: poco, ma senza rabbia.

La metafora perfetta: scarpe carine, prezzo folle

La Rosa e La Spina è questo: un paio di scarpe carine che costano uno sproposito!

Le guardi.
Ti piacciono.
Le indossi volentieri.
Ma quando torni a casa ti chiedi: ne valeva davvero la pena?
Probabilmente no.

E già il giorno dopo non sono più quelle che scegli per uscire.

Confessione da lettrice

La verità è che questo libro non mi ha infastidita.
E non mi ha nemmeno delusa nel senso più doloroso del termine.
È semplicemente passato.

L'ho letto volentieri, a tratti sorridendo, spesso prevedendo i fatti e senza mai sentire quel bisogno fisico di continuare che per me fa la differenza.

È stata una lettura gentile, di quelle che riempiono un momento, ma non scavano.
Una compagnia educata, gradevole, che però - una volta salutata - non senti il bisogno di richiamare.
E forse anche questo è un modo legittimo di essere un libro.
Solo che non è quello che cerco io quando apro una storia.

Livelli di sopravvivenza emotiva

Livello lacrimale: 0/10
Neanche un fazzoletto emotivamente coinvolto

→ Livello comfort: 6/10
Ti fa compagnia, poi si dilegua

Il voto senza diplomazie

2.5 su 5.
Perché è un romanzo godibile, ma dimenticabile, con una scrittura brillante che però non basta a salvare personaggi inconsistenti e una storia che non osa mai.

È uno di quei libri che puoi leggere insieme, commentare senza accenderti e dimenticare senza rimpianti.

E se anche Roby - che di solito ricorda sempre dettagli e svolte - dopo qualche ora non ne parlava più... beh, forse il voto era già scritto.

Ora è il vostro turno: avete bisogno anche voi, ogni tanto, di libri che non chiedano nulla e si lascino leggere a piccoli morsi? 
O pretendete sempre che una storia vi lasci qualcosa addosso?

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