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19 luglio 2016

Recensione 'La carriera di un libertino' di M. C. Beaton - Astoria

Lord Guy Carlton, di ritorno dalla guerra contro Napoleone, desi­dera solo alcol, donne e divertimento. Affitta 67 Clarges Street, dove si stabilisce con un amico, e all’inizio il gruppo dei nostri simpatici domestici è felice del nuovo inquilino, che elargisce abbondanti mance e porta nuova vita nell’elegante dimora. Dopo pochissimo, però, lo stile sregolato del giovanotto sciocca Rainbird and Co., e quando lord Carlton s’innamora di una giovane ereditiera dall’educazione rigida, che lo vede come la quintessenza di tutti i peccati, Rainbird sarà felice di correre in suo aiuto per trasformarlo in un gentiluomo.

Autore: M. C. Beaton
Titolo originale: Rake's progress
Traduzione a cura di: Simona Granelli
Editore: Astoria
Data di pubblicazione: 27 agosto 2015
Pagine: 184


Trama: 3  Personaggi: 3  Stile: 3  Copertina: 4 



Torniamo al numero 67 di Clarges Street, Londra. Ad aprirci la porta, come sempre, il maggiordomo Rainbird, la governante Mrs Middleton, il cuoco Angus MacGregor, il valletto Joseph, la cameriera Jenny, la domestica Alice e la piccola Lizzie, sguattera di cucina, assieme a Dave lo sguattero.
Tutti lì, in fila, ad attendere il nostro ingresso per scoprire, assieme a noi, chi sarà l'occupante della casa per la prossima stagione londinese.

Lord Guy Carlton, figlio minore del conte di Cramworth, appena congedato dall'esercito, arriva a Londra con l'intento di recuperare il tempo perduto e di godersi un po' di quei piaceri che gli sono stati negati nei mesi di guerra.
Le sue dissolute frequentazioni e i festini che animeranno la residenza di Clarges Street gli faranno guadagnare la reputazione di libertino.
Peccato che le circostanze porteranno Lord Carlton incrocerà la procace quanto pudica Miss Esther Jones e tutti i suoi piani andranno a gambe all'aria!

Come nei precedenti romanzi di questa serie, le storie dei personaggi ruotano attorno alla servitù della residenza londinese.
Sono loro, in fondo, assieme a quella casa definita iellata a dar vita a queste piccole chicche che rallegrano le giornate di noi lettori!

A differenza dei tre romanzi precedenti, però, questo è forse un po' più lento nella sua parte centrale, quasi ci sia una flessione, una forma di stanchezza da parte dell'autrice, cui sembrano mancare un po' gli spunti che hanno dato vita ai romanzi precedenti.
A questo punto, non resta che leggere i due romanzi conclusivi e capire se si tratta di un'eccezione o se, forse, era meglio concludere la serie con meno libri all'attivo.


14 luglio 2016

Recensione 'Torta al caramello in paradiso' di Fannie Flagg - Bur Rizzoli

La vita è davvero strana per l’ultraottantenne Elner Shimfissle: un momento prima è su una scala a raccogliere fichi e un momento dopo si ritrova a terra priva di sensi. Nonostante il soccorso immediato dei vicini, Elner muore in ospedale. Per i parenti, gli amici e l’intera comunità della cittadina di Elmwood Springs la notizia è terribilmente triste: con i suoi saggi consigli e la sua purezza di cuore quella generosa e intrepida vecchietta era stata un punto di riferimento prezioso per tutti. Ma forse la vita di Elner non è ancora giunta al termine: stesa sulla barella in camera mortuaria, apre gli occhi, si alza ed esce dalla porta, percorre il corridoio fino a un ascensore, vi sale e, dopo un viaggio incredibile, si ritrova in Paradiso, a vivere un’avventura strabiliante. E forse potrebbe riuscire anche a tornare indietro, nel mondo dei vivi, per rivelare ai suoi cari qual è il segreto della felicità. Fannie Flagg ci regala una storia tenera e divertente, alla scoperta dei valori autentici dell’esistenza.



Titolo: Torta al caramello in Paradiso
Autore: Fannie Flagg
Titolo originale: Can' wait to get to heaven
Traduzione a cura di: Olivia Crosio
Editore: Bur
Data di pubblicazione: 2007
Pagine: 367

Trama: 4  Personaggi: 4  Stile: 4  Copertina: 5 




Vi ricordate zia Elner? E la piccola città di Elmwood Springs? Nonna Fannie ci aveva già presentato luoghi e personaggi che animano questo romanzo in Pane cose e cappuccino dal fornaio di Elwood Springs.

Questa volta, il fulcro centrale della storia sono proprio zia Elner e la nipote Norma. 
Elner ha abbondantemente superato i novant'anni, ma, a parte qualche problema d'udito, è un'arzilla vecchietta che si ostina a voler vivere da sola, mentre Norma continua ad essere una donna che non riesce a far a meno di organizzare la vita di chiunque la circondi!
Circondata da una schiera di vicine con cui guarda il tramonto tutte le sere e in compagnia dell'ennesimo gatto rosso di nome Sonny, Elner vive la sua vita col sorriso sulle labbra, gioendo delle piccole quotidianità e strappando, più di una volta durante la narrazione, un sorriso anche a noi lettori!
Finché, in una soleggiata mattina, sale su una scala per raccogliere dei fichi da un albero del suo giardino e viene punta da delle vespe.
Zia Elner perde i sensi e viene trasportata in ospedale e dichiarata morta. 
Norma e il marito Macky accorrono al suo capezzale, mentre le amiche, informate della triste notizia, iniziano ad organizzare il suo funerale.
Pensate lo stupore generale quando, qualche ora dopo, Elner apre gli occhi e, allegramente, saluta tutti!

Fannie Flagg è, per me lettrice, un posto sicuro. Quando mi capita uno di quei periodi in cui sembra quasi che trovare un bel libro sia un'utopia, quando ho poca voglia di leggere, prendo tra le mani uno dei suoi romanzi e ho la certezza di trovare un luogo accogliente ad aspettarmi!
Anche questa volta, Fannie ha fatto centro: personaggi di cui innamorarsi sin dalle prime righe, luoghi in cui sentirsi a casa e una storia semplice a fare da base ad un libro che si legge tutto d'un fiato!

Elner è una di quelle donne che tutti avremmo voluto avere come nonna ed Elmwood Springs è un luogo in cui ognuno di noi vorrebbe vivere!
Nonostante sia ambientato in tempi più moderni rispetto ai precedenti romanzi della stessa autrice, anche in Torta al caramello in Paradiso si respira quell'aria un po' retrò che contraddistingue tutti i romanzi della Flagg.

Unica pecca che ho riscontrato in questo romanzo è l'eccessivo dipanarsi della storia di Elner dopo il suo risveglio. Ci sono parti, superata la metà del libro di cui, secondo me, si poteva tranquillamente fare a meno. Tutto ciò depaupera leggermente il romanzo in sé.
Nonostante ciò, come già detto, Fannie è sinonimo di garanzia! E io, con panico crescente, mi rendo conto che nella mia libreria rimangono solo due suoi romanzi da leggere.


12 luglio 2016

Lettura a quattrocchi #1 - 'Vita dopo vita' di Kate Atkinson - Nord





Buongiorno! Oggi prende il via un nuovo modo di recensire! Io e Laura de La biblioteca di Eliza abbiamo spesso delle letture in comune. Così ci siamo dette "perché non tirarne fuori qualcosa?". Nascono così le letture a quattrocchi, dove l'una interverrà nella recensione dell'altra! 
Qui, in rosso, troverete i commenti di Laura. Le mie elucubrazioni sulla sua recensione, ovviamente, sono sul blog!


In una gelida notte di febbraio del 1910, a Londra nasce una bambina. Il cordone ombelicale è stretto intorno al suo collo, e nessuno riesce a salvarla.
In una gelida notte di febbraio del 1910, a Londra nasce una bambina. Il cordone ombelicale è stretto intorno al suo collo, ma il medico di famiglia, giunto proprio all’ultimo istante, lo taglia e permette alla piccola di respirare.
Inizia così la vita straordinaria di Ursula Todd, una vita che, nel corso degli anni, verrà spezzata più e più volte, mentre l’umanità si avvia inesorabilmente verso la tragedia della guerra.
Vita dopo vita, Ursula troverà la forza di cambiare il proprio destino, quello delle persone che incrocerà e quello del mondo intero?

Vita dopo vita è uno di quei rari e fortunati casi in cui il talento creativo e la qualità letteraria hanno saputo conquistare anche il grande pubblico. Salutato dalla critica come un capolavoro destinato a rimanere nella storia della letteratura, questo romanzo è da mesi in testa alle classifiche inglesi e americane ed è stato eletto miglior romanzo dell’anno da alcune tra le più prestigiose testate giornalistiche del mondo.

Titolo: Vita dopo vita
Autore: Kate Atkinson
Titolo originale: Life after life
Traduzione a cura di: Alessandro Storti
Editore: Nord
Data di pubblicazione: 22 maggio 2014
Pagine: 544

Trama: 1  Personaggi: 1  Stile: 1  Copertina: 3 



Prendete in mano questo libro e leggete la sinossi (no non fatelo! Che fai? Li attiri in trappola??). Bella, vero? Fa pensare ad un libro pieno di risvolti, ad una di quelle storie che inizi e non vuoi più smettere di leggere!
Ora mettete giù questo libro e fuggite, scappate a gambe levate il più lontano possibile da lui e dalla storia che contiene (ah ecco). Perché questo libro è noioso, pesante, inutile, insulso (hai detto noia? no perchè è Noia questo libro! N-O-I-A).
Questo libro causa attacchi improvvisi di narcolessia: vi sedete su un divano o vi sdraiate sul letto, lo aprite, ne leggete qualche pagina e, improvvisamente, sono passate 2 ore, i vostri occhi si sono chiusi, magari avete anche sbavato sulle pagine (ecco come usarlo…) e, cosa peggiore, non ricordate nulla di ciò che avete letto sino a quel momento (e anche perchè questa risorge come non fosse successo niente! Cioè tu vai a letto che ‘ste cavolo di tenebre sono cadute e la mattina.. puff… rieccola!).
Insomma, questo libro è una sofferenza. Una di quelle sofferenze che io non mi infliggo mai, uno di quei romanzi che abbandono dopo neanche 50 pagine.
Quindi? Perché tutto questo autolesionismo? Perché la copertina, bella pure quella, rientra in uno degli obiettivi della tappa in corso di una Reading Challenge a cui partecipo. E anche perché c’era in ballo questo progetto di lettura a quattrocchi assieme a Laura. E allora mi sono armata di pazienza e tenacia e l’ho letto. Tutto. (che è colpa mia?)

Ursula Todd, la protagonista, durante tutta la storia muore circa 15 volte. Nasce morta, col cordone ombelicale attorciagliato al suo piccolo collo. Nello stesso momento, però, nasce, sempre col cordone ombelicale a strozzarla, e viene prontamente salvata. 
E questo è ciò che accade per tutte le quasi 530 pagine (530...530...530… posso piangere?) che compongono il romanzo.
Superate le prime 150, l’illuminazione: Ursula si reincarna tutte le volte e sempre in se stessa, anche se in periodi differenti della sua vita. O almeno credo che questo sia ciò che accada, perché, lo ammetto, la scrittura di Kate Atkinson è alcuna criptica ed enigmatica e, insomma, io non è che abbia molto capito il senso di questa storia! (ah ma c’era un senso? Siamo sicure? Non me ne voglia la signora Atkinson ma a me il senso è completamente sfuggito).

Al di là della noia insita nella narrazione (uh, noia, una parola che riconosco!), ciò che mi è mancato in questa storia è il trait d’union che avrebbe dovuto legare le varie vita di Ursula, i personaggi che interagiscono con lei. Insomma, l’insieme di tutta la sua vita non sembra altro che un impasto venuto male, uno di quegli impasti che tende a stracciarsi, a sbriciolarsi e la cui unica cosa che si può fare è gettarlo via. (Cestino)
Ursula non riesce mai a conquistare l’attenzione del lettore, a farlo suo, a suscitare la curiosità di scoprire cosa ne sarà della sua vita o meglio delle sue vite. (sprecate… lo vogliamo dire che sono sprecate?)

In tutto ciò, l’unica cosa che mi rimane di questo libro è la certezza di aver fatto bene a non essermi lasciata tentare dal nuovo libro della stessa autrice!


7 luglio 2016

Recensione 'Piccole sorprese sulla strada delle felicità' di Monica Wood - Sperling & Kupfer


«Per un attimo sentì di non essere ancora nata, come se la sua lunga vita fosse stata solo una prova prima dello spettacolo vero e il sipario stesse per alzarsi.»
La signorina Ona Vitkus ha vissuto una vita riservata e ineccepibile, i suoi segreti – e le sue pene – celati con cura a occhi indiscreti. 
Questo finché non arriva lui, il bambino insolito con la passione per i Guinness dei primati. 
Lei ha 104 anni, lui soltanto 11. 
Da bravo boy scout, dovrebbe semplicemente aiutarla nei lavori di casa ogni sabato, ma con la sua curiosità e il suo entusiasmo contagioso infrange pian piano la scorza diffidente e un po' burbera di Ona, riuscendo a farla parlare di sé, a cominciare da quelle lontane origini lituane, e persino a coinvolgerla in un progetto singolare: farle vincere il record di «Automobilista patentata più anziana».
Ona, che nel suo secondo secolo di vita credeva di avere ormai chiuso con l'amicizia, è conquistata da quel ragazzino con l'aria fragile e buffa che la fa sentire speciale. 
Ed è profondamente delusa quando quei sabati fatti di faccende domestiche, racconti e lezioni di guida s'interrompono di colpo. Passa un sabato, poi un altro: del bambino, nessuna traccia.
Fino a quando si presenta a casa sua uno sconosciuto, un uomo di nome Quinn. 
È il padre del ragazzino ed è lì per completare quello che suo figlio aveva iniziato prima di essere strappato alla vita troppo presto.
Da quel momento, Ona si ritroverà alle prese con i sensi di colpa di un padre, con il dolore di una famiglia spezzata, con un inatteso viaggio on the road che diventa un viaggio dell'anima. 
Perché quella vita che le ha riservato più schiaffi che carezze ha ancora qualcosa di bello da regalarle.
E, soprattutto, perché lei ha ancora tanto da offrire a chi ha smesso di sperare nella magia inattesa del destino.

Autore: Monica Wood
Titolo originale: The one-in-a-million boy
Traduzione a cura di: Federica e Stefania Merani
Editore: Sperling & Kupfer
Data di pubblicazione: 7 giugno 2016
Pagine: 359

Trama: 3  Personaggi: 2  Stile: 3  Copertina: 5 




Ho visto il cartonato di questo romanzo durante il Salone del Libro di Torino e, in compagnia di Chiara e Baba, sono rimasta a fissarlo ammaliata.
Complice il mio compleanno, mio figlio, che è uno che va molto a pelle copertine, me lo ha regalato.

Così, un paio di giorni fa l'ho preso in mano, ho tolto la sovracopertina e ho iniziato a leggerlo. E mi sono ritrovata ad avere a che fare con un undicenne morto. Non fate quella faccia, non è spoiler: questa cosa la scoprirete dopo meno di 5 pagine.
Ho cercato di entrare nello spirito di questa storia, in quella presunta delicatezza che l'autrice cerca di trasmetterci per 350 e più pagine. Ma non ci sono riuscita. Spiacente.

Ona Viktus è un'immigrata lituana di 104 che si ritroverà ad avere a che fare con un boy-scout undicenne con la strana passione del Guinness dei Primati.
E sarà proprio questo il filo che li legherà e che ci condurrà per mano all'interno della storia. 
Purtroppo, per quanto mi riguarda, sarà anche ciò che ha reso la lettura lenta e, a tratti, noiosa e ripetitiva.
Il continuo sciorinamento di record, i tentativi per far sì che Ona possa rientravi, le liste (sì, le liste. Io le amo, ma in questo contesto sono di una noia quasi mortale), tutte le piccole psicosi di un undicenne particolare, hanno appesantito la mia lettura.

Mi sono ritrovata davanti a dei personaggi alquanto piatti: una centoquattrenne senza alcuna caratteristica che la facesse risultare particolarmente amabile o, viceversa, antipatica al punto di risultare quasi simpatica.
Un ragazzino che, come detto, sin dalle prime pagine, è solo un'entità.
E poi ci sono i genitori. Un padre che è stato assente per due terzi della vita del figlio, che non è mai riuscito ad amarlo in pieno e che, adesso che non lui non c'è più, sembra quasi voler espiare le sue colpe portando a termine i compiti iniziati dal figlio e, cosa ancora peggiore, pare voler pagare per il fatto di non essere mai riuscito a comprendere quel ragazzino così strano.

Paradossalmente, le parti migliori del libro sono proprio quelle in cui il ragazzino non è protagonista, perché rendono la storia appena più scorrevole

Mi ha anche infastidita la solita storia del viaggio. Pare proprio che, negli ultimi anni, quando c'è un anziano protagonista, lo scrittore di turno non si senta abbastanza realizzato se non butta lì, in mezzo alla storia, un viaggio.

Insomma, il classico libro la cui copertina vale più della storia in sé.


5 luglio 2016

Recensione (a due tastiere) 'Stanza, letto, armadio, specchio' di Emma Donoghue - Mondadori

Jack ha cinque anni e la Stanza è l'unico mondo che conosce. È in quel luogo chiuso all'esterno che è nato e cresciuto, è lì che vive con Ma', senza esserne mai uscito. I suoi compagni sono gli oggetti contenuti nella Stanza, si chiamano Letto, Specchio, Piumone, Labirinto. Di notte a volte Ma' lo chiude dentro Armadio e spera che lui dorma quando Old Nick viene a farle visita. La Stanza è la casa di Jack, per Ma' è la prigione dove Old Nick la tiene rinchiusa da sette anni. Grazie al suo amore e alla sua determinazione, Ma' ha creato per Jack una straordinaria possibilità di vita, gli ha costruito intorno un mondo forse migliore del nostro. Però Ma' sa che non potrà mai essere abbastanza, né per lei né per Jack. E così escogita un piano per fuggire. Non sa quanto sarà difficile il passaggio da quell'universo chiuso al mondo là fuori…

Autore: Emma Donoghue
Titolo originale: Room
Traduzione a cura di: Chiara Spallino Rocca
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 1 novembre 2010
Pagine: 341

Trama: 3  Personaggi: 2  Stile: 3  Copertina: 3 






*in viola le parti scritte da Stefania, che si è prestata alla tortura di leggere un libro contemporaneamente a me e di scrivere una recensione di coppia. Vi giuro che è ancora viva!

Ho questo libro sul mio Kobo da tempo immemore. Eppure non mi sono mai decisa a leggerlo, quasi spaventata da una sinossi che mi prospettava una storia decisamente forte, dura da affrontare, qualcosa che, nel mio immaginario, mi avrebbe spezzato il cuore.

A chi? Per spezzare il cuore a te, manco Ercole...

Ho anche visto il trailer del film e il conseguente riaffacciarsi del libro, con la solita (orrenda) copertina che riproduce la locandina; eppure io continuavo a starne lontana nonostante le decine di recensioni positive che fioccavano on-line.

Fioccavano, come i cornflakes che mangia Jake: 100, precisi!

Finché, qualche settimana fa, la Bacci mi ha detto che aveva intenzione di leggerlo. E io mi sono detta: “Perché no? Magari leggendolo assieme a lei (che fa la cretina!) l’atmosfera sarà più leggera!”. 

E la cretina ha detto “Una lettura condivisa nientepopodimeno che con la vippa Libridinosa?” E chi si faceva sfuggire un’occasione così succosa!

Così, d’accordo, abbiamo deciso di leggerlo contemporaneamente, di confrontarci durante la lettura e di scrivere un post a quattro mani (o due tastiere, come preferite!).

E un neurone e mezzo (sì, il mezzo è il mio).

La storia ci viene raccontata da Jack, 5 anni, recluso dalla nascita in una stanza di 11 mq assieme alla madre.
Ma’ (così la chiama lui) aveva 19 anni quando è stata rapita e reclusa nella Stanza. Noi li troviamo lì, dove ogni oggetto ha un nome, dove bisogna inventarsi dei giochi, dove il mondo non è mai entrato se non attraverso lo schermo della tv.
Jack non sa che fuori c’è la vita, ci sono le persone, i giochi, la scuola, il sole, il mare. Jack ha il suo piccolo universo che è fatto da Ma’, Letto, Porta, Dondolo, Tavolo…

E Jack ha i suoi rituali, sempre uguali, giorno dopo giorno, perchè gli danno sicurezza e in certi momenti gli danno la possibilità di estraniarsi da quello che succede dentro Stanza. Come quando arriva Old Nick, la sera, e fa cigolare le molle di Letto, allora Jack conta i suoi denti, che sono venti, non uno di più e non uno di meno e quando ne conta diciannove è quasi sollevato perchè può ricominciare a contarli.

Ecco, tutto ciò, raccontato dalla voce di un bambino, avrebbe dovuto intenerirmi, straziarmi, commuovermi. Io, invece, ho trovato tutta la prima parte del libro assolutamente pesante, ripetitiva, noiosa. Credo sia ovvio pensare che l’autrice abbia voluto rendere tutto così reiterato per trasmettere al lettore le sensazioni che Ma’ e Jack provavano: quella quotidianità fatta sempre degli stessi gesti, circondati sempre dagli stessi oggetti, giornate con orari stabiliti per ogni cosa.
Io, purtroppo, non sono riuscita ad empatizzare con lo stile di Emma Donoghue e con i personaggi e questo modo di descrivere le loro giornate mi è risultato assai pesante, a volte fastidioso, tanto che spesso ho avuto voglia di mollare lì il libro e passare ad altro.
Ho proseguito, invece, sperando che la storia avesse una svolta. E la svolta c’è stata. Ma ha portato tutto ad una forzatura della narrazione a tratti eccessiva.
Ma’ e Jack rimangono, per me, due personaggi assolutamente estranei, con i quali non sono riuscita a creare alcun legame. 
La storia in sé è forte, ma non al punto tale da farmi battere il cuore.
Insomma, per quanto mi riguarda, un libro di cui potevo tranquillamente fare a meno.

Io invece ho empatizzato molto con JackerJack, l’eroe di Ma’, quel bimbo che con la sua nascita ha salvato questa ragazza permettendole di non impazzire avendo come priorità la sua crescita, il suo benessere e le sue necessità. 

Di non impazzire? Io se mi ritrovassi chiusa in una stanza di 11 mq e per di più con un infante, sai che fine farei?

Ho trattenuto il fiato durante la fase della liberazione, quando Mister Cinque (Jack) aveva sulle sue piccole spalle tutta la responsabilità della riuscita del loro piano di fuga, dalla quale dipendeva la loro vita, sia in senso metaforico che fisico.
Ho anche pianto (togliti quella smorfia dalla faccia: sì, ho pianto TU.HAI.PIANTO? *libridinosa sconvolta*) quando il loro piano stava per fallire.
Mentre ho trovato un po’ tirata la seconda parte del libro, il racconto del loro ritorno nel Fuori, nella vita vera, odiando a più riprese la figura della nonna. 

La nonna deve schiattare soffrendo!

Proprio in virtù di questo calo nella seconda parte il mio voto è un quattro pieno.

E se non calava quanto gli davi?

Beh, almeno un quattro e mezzo!
Chissà quali meccanismi scattano dentro di noi quando leggiamo un libro, per cui la stessa storia ci tocca in modi diversi. In questo caso per me l’empatia con un cinquenne potrebbe (e sottolineo il condizionale) dipendere dalla mia grande maturità… 

Vecchiaia, Bacci, si chiama vecchiaia! E comunque, tutta questa empatia deriva dal fatto che sei immobilizzata a casa e dipendi da tua figlia, che non ha 5 anni, ma è pur sempre una ragazzina!!

Lascio a te le conclusioni, ringraziandoti per la bella opportunità che mi hai dato. 

Ah io devo concludere? Una cosa completa potevi pure farla!

Vabbè, diciamo che la Bacci stavolta ha ragione: ci sono tanti motivi per cui la stessa lettura può soddisfare una persona e far storcere il muso ad un’altra.
Io, ormai è risaputo, con i bambini ho poco feeling. Diciamo che mi piacciono quando sono molto molto piccoli, ma appena proferiscono parola è meglio che mi stiano a distanza. Inizio a prenderli nuovamente in considerazione quando superano i 10 anni e ci si può parlare come se fossero pseudo-adulti. Quindi forse è proprio per questo che ho fatto fatica ad empatizzare con Jack (non che sua madre mi abbia fatto impazzire, eh!).


3 luglio 2016

Recensione 'Pista nera' di Antonio Manzini - Sellerio

Semisepolto in mezzo a una pista sciistica sopra Champoluc, in Val d’Aosta, viene rinvenuto un cadavere. Sul corpo è passato un cingolato in uso per spianare la neve, smembrandolo e rendendolo irriconoscibile. Poche tracce lì intorno per il vicequestore Rocco Schiavone da poco trasferito ad Aosta: briciole di tabacco, lembi di indumenti, resti organici di varia pezzatura e un macabro segno che non si è trattato di un incidente ma di un delitto. La vittima si chiama Leone Miccichè. È un catanese, di famiglia di imprenditori vinicoli, venuto tra le cime e i ghiacciai ad aprire una lussuosa attività turistica, insieme alla moglie Luisa Pec, un’intelligente bellezza del luogo che spicca tra le tante che stuzzicano i facili appetiti del vicequestore. Davanti al quale si aprono tre piste: la vendetta di mafia, i debiti, il delitto passionale. Difficile individuare quella giusta, data la labilità di ogni cosa, dal clima alle passioni alla affidabilità dei testimoni, in quelle strette valli dove tutti sono parenti, tutti perfettamente a loro agio in quelle straricche contrade, tra un negozietto dai prezzi stellari, un bar odoroso di vin brulé, la scuola di sci, il ristorante alla mano dalla cucina divina.
Quello di Schiavone è stato un trasferimento punitivo. È un poliziotto corrotto, ama la bella vita. È violento, sarcastico nel senso più romanesco di esserlo, saccente, infedele, maleducato con le donne, cinico con tutto e chiunque, e odia il suo lavoro. Però ha talento. Mette un tassello dietro l’altro nell’enigma dell’inchiesta, collocandovi vite e caratteri delle persone come fossero frammenti di un puzzle. Non è un brav’uomo ma non si può non parteggiare per lui, forse per la sua vigorosa antipatia verso i luoghi comuni che ci circondano, forse perché è l’unico baluardo contro il male peggiore, la morte per mano omicida («in natura la morte non ha colpe»), o forse per qualche altro motivo che chiude in fondo al cuore.

Titolo: Pista nera
Autore: Antonio Manzini
Editore: Sellerio
Data di pubblicazione: 1 febbraio 2013
Pagine: 275

Trama: 4  Personaggi: 4  Stile: 4  Copertina: 3 




Genesi di questa lettura (ovvero, come mai La Libridinosa scopre solo adesso il personaggio Rocco Schiavone).
Ve lo dico subito: io i romanzi Sellerio non li guardo quasi mai. Che volete che vi dica? Sarà il formato, che da sistemare in libreria è sempre un po' rognoso; saranno quelle copertine che non mi fanno mai venire voglia di approfondire... non so! Anche il Malvaldi, se non fosse stato per Baba, io mica l'avrei mai letto.
Tant'è, qui trattasi di serie con protagonista un commissario, anzi precisiamo perché lui ci tiene, un vicequestore, certo Rocco Schiavone. E trattasi anche di romanzo giallo. Io? Un giallo? No, grazie. Malvaldi è stato uno strappo alla regola.
Quindi, passo oltre senza curarmene, finché nel febbraio del 2015, le LGS, allora in formazione leggermente differente rispetto a quella attuale, si riuniscono sotto il mio tetto (sì, Lea, quel tetto con le travi che a te piace tanto!) per festeggiare il compleanno di mio figlio. 
E una delle (ex) componenti del gruppo, si presenta stringendo tra le mani La costola di Adamo, secondo capitolo con protagonista il nostro vicequestore.
Io fisso il libro e sorrido educata. Sì, educata, avete capito bene. Perché lei è tanto felice e mi dice che il suo libraio le ha detto che se amo Malvaldi, sicuramente leggo anche Manzini. Capite? Equazione.
Prima o poi scoprirò se è più bionda lei o il suo libraio. Perché ok, puoi anche dire che l'uno e l'altro trattano lo stesso genere, ma dare tutto per scontato e propinarmi pure il secondo libro senza manco sapere se ho letto il primo... Vabbè! Questo è un altro dei mille motivi per cui non amo ricevere libri a sorpresa!
Fatto sta che io prendo il libro e lo sistemo in libreria, pensando che non lo leggerò mai, perché figurati se ho voglia di andare a comprare il primo! 
E anche in questo caso, in mio soccorso arriva Baba, che il primo lo possiede, lo ha letto e, gentilmente me lo gira (grazie, Babi).
Ma io sono cocciuta, quindi li sistemo entrambi lì e li lascio a prendere polvere (che è un modo di dire, perché si sa che io sono fissata e pulisco senza sosta!).
Finché, qualche settimana fa, Lea (santa lei!) mi dice che Manzini lo sta leggendo e che le piace pure.  Io lo fisso e inizio a pensare di dargli una chance; guardo la copertina e, botta di fortuna, mi serve per la Mastereader di Lucrezia. Quindi ok! A noi due!

Inizio a leggere e mi trovo davanti a Rocco Schiavone, romano de Roma, trasferito in Val d'Aosta per motivi disciplinari (?), burbero, fissato con le Clarks (che puntualmente gli si inzuppano di neve) e sempre coperto da un loden verde  nonostante le glaciali temperature della zona.
Rocco è uno di quei personaggi che io definisco negativi e che, nonostante tutto, riesce a farsi amare dal lettore. Avete presente Vani Sarca e Cesare Annunziata? Ecco, quei personaggi che, chissà perché, ci entrano nel cuore, nonostante i loro caratteracci, si piazzano lì e a noi sembra quasi di non poter più vivere senza di loro!
Rocco è uno che un sorriso non te lo rivolge mai, uno a cui piacciono le belle donne, uno che ti fa rimanere di sasso con una battutaccia e tu vorresti farti piccolo piccolo e nasconderti alla sua vista. Però Rocco è uno di quegli uomini a cui tutti vorremmo stare simpatici (e chissà perché!?).

Il giallo, in questo romanzo, è ben costruito: c'è un morto, un'indagine, un poliziotto un po' scemo. Io lo ammetto, sino alla fine non sono riuscita a capire chi fosse l'assassino. E questa cosa mi è piaciuta tanto, perché spesso mi capita di arrivare a metà libro e aver già intuito tutto.

Questo libro si legge davvero con piacere, scorre che è una meraviglia. Vi ritroverete presi tra le spire delle indagini, ma passerete anche il tempo cercando di inquadrare questo vicequestore che rimane forse un po' un enigma sino all'ultima pagina.
La cosa più bella, forse, è proprio arrivare all'ultima pagina avendo la certezza che Rocco Schiavone farà ancora parte della nostra vita, perché dopo questo, ci sono altri tre romanzi già pubblicati e uno in uscita proprio il 7 luglio prossimo (sì, l'ho già ordinato, ok?!).

Pista nera è una lettura perfetta per l'estate. Che andiate in spiaggia o, meglio ancora, tra quei paesaggi montani in cui è ambientata la storia, portate con voi questo romanzo, perché Rocco è uno di quegli uomini in grado di conquistare tutti!


30 giugno 2016

Recensione IN ANTEPRIMA 'L'onore sopra ogni cosa' di Kathleen Grissom - Neri Pozza

James Burton, noto e stimato argentiere di Philadelphia, ha una benda nera che gli copre l’occhio sinistro. Nei salotti buoni della città le donne sussurrano che sia rimasto sfregiato durante un duello, e James non fa nulla per mettere a tacere queste romantiche voci. Negli anni ha imparato a nascondere molti segreti. Nato in una grande casa coloniale nel Sud della Virginia, dall’unione illegittima tra Belle, una schiava mulatta, e Marshall Pyke, il giovane padrone della piantagione, James un giorno è stato accecato dall’ira e dalla disperazione. Ha impugnato un’arma e ha fatto fuoco contro Marshall, suo padre, che aveva deciso di venderlo come schiavo, sebbene avesse la pelle bianca come lui e fosse cresciuto nella casa padronale come uno dei Pyke.
La fuga, senza rivolgere la parola a nessuno per il timore di essere scoperto, è durata a lungo. Fino al giorno in cui Jamie Pyke è diventato James Burton, gentiluomo di Filadelfia, invitato ai ricevimenti dell’aristocrazia della città, poiché ne conosce diligentemente le regole e poiché è un uomo attraente e di bell’aspetto, capace di conquistare il cuore di Caroline, la figlia del cinico Mr Cardon, un ricco esponente dell’industria del taglio e del trasporto del legno in Pennsylvania.
Vent’anni, celando con cura due segreti che potrebbero condurlo alla forca: un omicidio e l’avere «il sangue dei negri», come amano dire gli schiavisti. Vent’anni per lasciarsi alle spalle il passato e raggiungere una certa sicurezza. Ora però la paura, che non lo ha mai abbandonato, sta tornando a farsi sentire per James, come una pesante palla di piombo.
Henry, un uomo di colore con cui ha esattamente da vent’anni un debito d’onore, ha bussato alla sua porta e gli ha chiesto di aiutarlo a ritrovare suo figlio, finito in mano ai negrieri.
Difendere la propria sicurezza, a costo di venir meno alla parola data, oppure porre l’onore sopra ogni cosa? Questo è il dilemma che lacera Jamie Pyke, divenuto James Burton, noto e stimato argentiere di Philadelphia.
Con una scrittura avvincente e dal ritmo serrato, che tiene con il fiato sospeso, Kathleen Grissom, già autrice del bestseller Il mondo di Belle, ci conduce nell’implacabile America sudista del 1830, dove il desiderio di riscatto e la lotta per la libertà animano i cuori dei coraggiosi e indimenticabili personaggi di questo romanzo.

Titolo: L'onore sopra ogni cosa
Autore: Kathleen Grissom
Titolo originale: Glory over everything
Traduzione a cura di: Chiara Brovelli
Editore: Neri Pozza
Data di pubblicazione: luglio 2016
Pagine: 430

Trama: 4  Personaggi: 5  Stile: 5  Copertina: 5 





Siamo nel 1830, a Philadelphia, e a raccontarci questa storia è James Burton, argentiere e pittore, arrivato in città poco più che tredicenne e adottato dalla famiglia Burton.
Ma James è un personaggio che noi abbiamo già incontrato nella nostra storia di lettori. James è il figlio di Belle, protagonista, assieme a Lavinia, del precedente romanzo di Kathleen Grissom, Il mondo di Belle, di cui vi parlai esattamente un anno fa.
James è un bianco di colore, figlio di Belle, schiava, e del proprietario della tenuta di Tall Oak, Marshall.

Nel libro precedente, ricordiamo James cresciuto dalla nonna, che si spacciava per sua madre, viziato, agiato e con una certa propensione all'odio razziale.
Adesso lo ritroviamo adulto, fuggito da Tall Oak dopo aver uccido suo padre e aver rischiato di essere venduto come schiavo.

James è un personaggio che crea nel lettore grandi contrasti d'animo. È un bianco per quanto riguarda l'aspetto esteriore e il modo di pensare, ma è anche un mezzo nero che fatica ad accettare questa sua condizione. È un uomo che passerà parte della sua vita a rinnegare le sue origini, a trattare tutti dall'alto in basso, a cercare di nascondere le sue origini, mentendo spudoratamente, ingannando chiunque gli si avvicini.
È un uomo che, spesso, mostra il suo lato vigliacco, la sua paura della verità, la sua incapacità di accettarsi e farsi accettare dagli altri.
In quasi 400 pagine lo vedremo fuggire, mentire, nascondersi, mettere sempre il suo benessere davanti a tutto e tutti.

Nonostante ciò, così come nel romanzo precedente, Lavinia era arrivata ad un riscatto della sua persona, anche in questo, l'autrice ha concesso a James una forma di redenzione agli occhi del lettore.
La lettera che scriverà a sua madre, Belle, riconoscendola finalmente come tale, mi ha anche fatto versare qualche lacrima.

Anche in questo romanzo, ho ritrovato quello stile che tanto mi aveva fatta innamorare della precedente storia. Kathleen Grissom riesce a legare il lettore alla storia, dandole un ritmo serrato e continui spunti di riflessione. È quasi impossibile smettere di leggere, abbandonare la storia e i suoi personaggi anche se solo per poco tempo.
Si arriva alla fine di questo romanzo e si ha la sensazione di aver nuotato in acque fresche in una torrida giornata d'estate.
I personaggi, la storia, l'ambientazione, tutto lascia un senso di benessere nel lettore.

Kathleen Grissom è sicuramente una penna di grande talento, con una grande capacità di rendere il lettore parte integrante della storia.



14 giugno 2016

Recensione 'Le sorelle' di Claire Douglas - Nord

La vede ovunque: al tavolino di un bar, alla fermata dell'autobus, al supermercato. Ogni volta, per un istante Abi dimentica l'incidente, dimentica che sua sorella Lucy è morta, dimentica il dolore che la consuma da oltre un anno. E, ogni volta, Abi rimane inevitabilmente delusa. Ha tagliato i ponti con la famiglia, si è isolata dagli amici e si è trasferita in un’altra città, nella speranza di cominciare una nuova vita, però è stato inutile: nessuno dovrebbe mai sopravvivere alla propria gemella. Eppure, quando incontra Bea, Abi ha l’impressione che il destino le stia finalmente dando una seconda occasione. Perché quella ragazza non solo è fisicamente identica a Lucy, ma le assomiglia pure nel modo di parlare e di vestirsi. Inoltre anche lei ha un gemello, Ben, perciò più di chiunque altro comprende il vuoto che sente Abi. E si propone di colmarlo, accogliendola nella grande casa che divide col fratello. Se con Bea è stata un’affinità istantanea, con Ben è amore a prima vista. Tuttavia, più tempo passa insieme con loro, più Abi si convince che ci sia qualcosa che non vada. All’inizio era solo una sensazione, ma poi sono arrivate le fotografie strappate e gli oggetti spariti dalla sua camera. Sono opera di Bea, gelosa per la relazione del fratello? Abi quasi spera che sia così. Altrimenti vorrebbe dire che qualcuno ha scoperto il suo segreto…

Titolo: Le sorelle
Autore: Claire Douglas
Titolo originale: The sisters
Traduzione a cura di: Francesca Toticchi
Editore: Nord
Data di pubblicazione: 9 giugno 2016
Pagine: 336

TRAMA: 1  PERSONAGGI: 1  STILE: 1  COPERTINA: 3 


*ATTENZIONE: RECENSIONE DISSACRANTE*

Quando ho visto la copertina di questo libro, ho pensato che non fosse niente male: per una volta, niente visi, niente case diroccate... Insomma, qualcosa di diverso dal solito! Poi ho letto la sinossi. Lo so cosa state pensando: "Ma se dici sempre che le sinossi sono farlocche!". Vabbè, sono umana pure io, che vi credete?!
Fatto sta che, con un certo anticipo, ho scritto all'ufficio stampa della Casa Editrice e ho chiesto una copia di questo romanzo. In fondo, un bel thriller ci sta sempre bene, no?!
Risposta affermativa ed e-book (sì, e-book, perché mica tutti gli uffici stampa ti vogliono bene!) arrivato il giorno dopo la pubblicazione del libro.
Lo inizio praticamente subito e... ok, mettetevi comodi, che di cose da dire ne ho parecchie!

 Siamo in Inghilterra e i protagonisti di questa storia sono dei trentenni. Una è Abi, che ha un caschetto biondo, vive da sola e ha ucciso la sua gemella Lucy circa un anno prima. Abi, ovviamente, è piena di sensi di colpa, è in cura presso una psichiatra, prende psicofarmaci e ha pure tentato il suicidio.
Per le prime 40 pagine, ci si chiede che mai avrà fatto questa ragazza per aver ucciso la sorella. Insomma, ci si aspetta qualcosa di cruento ed efferato e invece no... Non vi dico nulla, ma vi assicuro che è la cosa più banale che vi viene in mente!

Proprio all'inizio della storia, Abi è seduta in un bar a sorseggiare un cappuccino quando vede in strada una ragazza che assomiglia tantissimo alla sorella (e ovviamente anche a lei, visto che erano gemelle!). E visto che le somiglia, anche questa ha un caschetto biondo.
Ve lo dico subito: in questo romanzo hanno (quasi) tutti un caschetto (pure gli uomini) e sono tutti biondi. E come ha detto Mr Ink quando gli ho scritto ieri sera: <<Caterina Caselli sei tra noi?!!>>.

Ok, andiamo avanti: Abi fissa la ragazza fuori dal bar, esce, le si avvicina, prende il volantino che questa le porge e, un paio di giorni dopo, si presenta alla sua porta per partecipare alla vendita di gioielli organizzata dalla tipa!
Porta che si apre su una bellissima villa con giardino e millemila camere. Villa che appartiene alla suddetta ragazza, che di nome fa Beatrice, che la occupa assieme al fratello Ben (sono gemelli, pensa te!) e ad altre svariate coinquiline.

La prima volta che Abi vede Ben pensa...
Ricordatevi: 30 anni! Insomma, io manco a 15 ho avuto pensieri del genere. Oddio, a pensarci bene, manco se mi capitasse davanti Llorente in tutta la sua beltà a me verrebbe un pensiero del genere!

Proseguiamo! Le due ragazze fanno amicizia e nello spazio di 4 minuti e mezzo, Beatrice chiede ad Abi (l'autrice deve avere una notevole passione per la lettera B!) di trasferirsi a casa loro:
Vogliamo parlarne? Non sai chi siano queste persone, non ti chiedono l'affitto, praticamente nessuno in quella casa ha un lavoro degno di tale nome e tu che fai? <<Yeah!!! Mi hanno chiesto di vivere con loro e pure a sbafo!>> Carichi in macchina tutti i tuoi jeans e i tuoi maglioni e ti trasferisci. 
Ricordatevi sempre: 30 anni! Dicevamo sempre io e Mr Ink che, forse (molto forse!) se i personaggi avessero avuto un decennio in meno, magari un po' meno surreale questa cosa sarebbe potuta essere. Forse, eh!

Abi si trasferisce e, fiera dell'ovvietà, si innamora di Ben. Insomma, uno che profuma di limone come Mastro Lindo chi non lo amerebbe?! Peccato che, in quella megacasa viga la regola del "niente storie tra coinquilini". E indovinate un po' chi ha stabilito questa regola? Beatrice!
Ora, facciamo un passo indietro: all'inizio del romanzo, l'autrice cerca di farci credere che tra Abi e Bea ci sia una sorta di attrazione che va al di là della semplice amicizia. Poi, però, butta Abi nel letto di Ben e ciao ciao Bea (io tutte 'ste B non le reggo, eh!).

In tutto ciò, la storia prosegue: lenta, elementare al punto tale che anche il mio cane ha capito che tra Bea e Ben (miiiiii...) c'è qualcosa di torbido. Insomma, una palla colossale!
Abi è convinta che Bea sia gelosa del suo rapporto con Ben e che stia cercando di farla impazzire nascondendole gli psicofarmaci, facendole trovare un piccione morto sul letto, accusandola del furto di alcuni gioielli, ecc.
Ma Abi è talmente furba ed intelligente che, invece di fare le valigie e andare via, continua a stare lì e farsi torturare!
Dal canto suo, Bea è convinta che Abi sia pericolosa per lei e per suo fratello
Eh ciccia bella, vedi cosa accade a mettersi in casa degli sconosciuti?

Arriviamo al finale di questa storia: avete presente quei film che Italia 1 (o Rai Due, come dice sempre il nostro adorato Mr Ink!) trasmette d'estate in seconda serata? Quelli che un po' tutti guardiamo perché fa caldo e non abbiamo neanche voglia di muovere un dito sul telecomando per cambiare canale? Insomma, quelli che hanno come protagonisti i soliti quattro ragazzetti deficienti che, se c'è un serial killer in casa, chiudono bene a chiave le porte e poi vanno in mansarda! E noi lì a dire: <<Ma certo che siete cretini, eh! Ma vi prendono proprio per deficienza quando ci sono da fare questi film?>>. Ecco! Il finale di questo libro è così: 20 pagine a dare dei cretini a tutti!

Insomma, come avrete intuito, questo libro è un fiasco, la stupidità messa su carta, una delle cose più insulse che io abbia mai letto!
Per inciso: le sorelle del titolo praticamente non esistono, visto che una è morta e se ne parla pochissimo. Io trovo che i protagonisti veri e proprio siano quei due gemelli scimuniti di nome Beatrice e Ben.

Oh, quasi dimenticavo... Giusto per farvi capire il livello del libro...
Capite? Mancano proprio le basi della scuola elementare, dove ci insegnano che: tuono segue fulmine (e non mi riferisco ai miei gatti, che so già che Laura sta pensando a quello!).

Adesso non mi resta che aspettare la recensione di Mr Ink che, sicuramente, sarà meno dissacrante e più professionale di me, ma io stavolta non ho proprio resistito!

11 giugno 2016

Recensione 'Quando finiscono le ombre' di Cristina Rava - Garzanti

Il lungo viale al centro della città è deserto. Solo un uomo anziano cammina sotto il sole, con una torcia elettrica accesa nonostante la luce estiva. È Spartaco Guidi. Qualche mese dopo, il suo corpo viene ritrovato in un terreno di campagna. L'autopsia viene affidata al medico legale Ardelia Spinola. Dopo tanti anni di esperienza, sa che il suo compito è solamente quello di circoscrivere l'ora della morte, di stabilirne cause e dinamiche. Ma non è facile zittire l'anima investigatrice che c'è in lei. Anche se, in realtà, avrebbe ben altro a cui pensare. Arturo, l'affascinante apicultore (e amante dei gatti come lei) che da pochi mesi è nella sua vita, sembra nascondere qualcosa che le sfugge. Qualcosa che le fa temere di perderlo, anche se ammetterlo per lei è difficile. E quando scopre che la casa di Spartaco Guidi è stata messa sottosopra, tutta la sua attenzione torna sul caso. Scopre che l'uomo era tornato da poco ad Albenga, il suo luogo d'origine, dopo decenni passati in ospedale psichiatrico per aver ucciso un amico in gioventù. Eppure tutti parlano di lui come di una persona di animo buono. Cosa l'avrà portato a quel gesto, allora, e adesso a subire una morte violenta? L'intuito di Ardelia non sbaglia mai, e stavolta le dice che Il ritorno della vittima in città è la chiave del mistero. Ma non è facile scovare dove si nascondono le ombre. Soprattutto se ci sono tanti piccoli dettagli che sfuggono. Dettagli fondamentali perché le tessere di un puzzle possano combaciare. Finché la verità non è talmente vicina da accecare, e diventare quasi invisibile… Cristina Rava torna con il personaggio più amato dai suoi lettori: una donna forte e indipendente che l'amore mette sempre a dura prova. Un medico legale che non può fare a meno di seguire il suo istinto. Tra distese di serre scintillanti al sole e le chiome argentate degli ulivi fra cui s'intravede il mare ligure, Quando finiscono le ombre è un romanzo in cui il passato nasconde molti segreti, ma è il presente a fare più paura.

Autore: Cristina Rava
Editore: Garzanti
Data di pubblicazione: 9 giugno 2016
Pagine: 290

TRAMA: 4  PERSONAGGI: 4  STILE: 4  COPERTINA: 4 



Io Ardelia Spinola l'ho scoperta al contrario. Nel senso che l'ho conosciuta con Dopo il nero della notte e poi sono andata a recuperarmi, da brava lettrice, il primo capitolo della serie,  Un mare di silenzio.
Con questo terzo romanzo mi sono resa conto di una caratteristica fondamentale che contraddistingue i libri di Cristina Rava: le storie di Ardelia sono assolutamente leggibili in maniera indipendente. Un'altra cosa che ho capito è che della dottoressa Spinola ci si innamora e, da qualunque libro si inizi, poi si corre a recuperare gli altri e non la si molla più!
Ardelia è un medico legale cinquantatreenne, vive ad Albenga e, da pochi mesi, ha un nuovo fidanzato, Arturo, che...

è bello, intelligente, sensibile, sexy, generoso. Praticamente perfetto. Giorno dopo giorno questa perfezione mi sta consumando l'ossigeno. Come si fa a dire a una persona che, se non comincia a sbagliare qualcosa, ti viene voglia di prenderla a calci negli stinchi?

Ecco! In questa affermazione penso si possa racchiudere quella che è l'essenza di Ardelia: una donna forte, ironica, simpatica, pasticciona e senza peli sulla lingua!

Come nei due romanzi precedenti, Cristina Rava ci porta all'interno di un'indagine per omicidio, anzi questa volta anche più di una. Ma anche questa volta, gli omicidi altro non sono che lo spunto per parlarci di Ardelia e della sua vita, delle persone che la circonda, dei suoi gatti, del suo amore per la Liguria e della sua mania per i pick-up!

In questo terzo romanzo ho trovato un'Ardelia forse più matura e più ligia al dovere... diciamo che, rispetto ai capitoli precedenti, si premura di chiedere i dovuti permessi prima di buttarsi a capofitto dove non dovrebbe!
Nonostante ciò, l'ho amata forse più di prima! Ardelia è uno di quei personaggi che non strazia il cuore, uno di quelli che ami mentre leggi della loro vita e che poi, senza alcuna fatica, lasci riposare nella tua libreria.
Eppure, ogni volta che la ritrovi  hai la sensazione di aver ritrovato un'amica che non vedevi da tanto tempo, una di quelle che, nonostante la distanza e i lunghi silenzi, riescono a farti sentire a casa e le chiacchiere e le confidenze riprendono esattamente lì dove si erano interrotte!

Ecco, Ardelia è così: un'amica discreta, cordiale, con cui si prende sempre volentieri un caffè, con cui si va a cena ogni tanto e che poi, magari, non senti per mesi. Però sai che lei è lì, pronta a strapparti un sorriso ogni volta che ne avrai bisogno, pronta ad aiutarti anche a costo di mettersi nei guai!

Se ancora non avete conosciuto questa splendida donna, se vi piacciono personaggi come Vani Sarca, allora forse è il caso che vi diate da fare e apriate la porta alla dottoressa Spinola, che, alla fine, è forse un po' una Vani Sarca più adulta e più posata!



5 giugno 2016

Recensione 'Fragole selvatiche' di Angela Thirkell - Astoria Edizioni

Lady Emily Leslie regna su Rushwater House generando continua confusione e subbuglio. Non c’è evento pianificato che lady Emily non possa sconvolgere all’ultimo momento. Il marito, quando tutto diventa troppo, se ne va in viaggio nelle capitali del Nord Europa. Anche il marito della figlia Agnes, placida e un po’ ottusa, tende a sparire spesso, ma la famiglia, comunque numerosa, non si abbatte mai. Mary, nipote di Agnes, arriva ospite per l’estate e s’innamora del bel David, donnaiolo. 
Lady Emily e Agnes pensano però che un diver­so marito sarebbe più adatto e tramano per­ché questo avvenga durante la festa d’estate a Rushwater House. 
Battute fulminanti, personaggi che ci entusiasmano per la loro vitalità, una deliziosa commedia romantica. 
Un libro di evasione divertente, che restituisce con autoironia grandiosa un’epoca scomparsa, che continua ad attrarre la curiosità dei contemporanei.


Autore: Angela Thirkell
Titolo originale: Wild strawberries
Traduzione a cura di: Marina Morpurgo
Editore: Astoria
Data di pubblicazione: 15 ottobre 2014
Pagine: 230

TRAMA: 3  PERSONAGGI: 2  STILE: 3  COPERTINA: 4 



Ci ho messo un po' per riuscire a scrivere questa recensione. E il motivo è che questo è uno di quei libri che, probabilmente, non sono riuscita a capire come si deve.

Questa storia è stata scritta negli anni Venti ed è in quegli anni che è ambientata. Ci troviamo nella campagna inglese e, come usava a quell'epoca, in una delle tante case che popolavano questi spazi infiniti, alloggia la famiglia Leslie, che apre le porte di casa propria ad ospiti e parenti vari.

Il problema che mi ha afflitta maggiormente, durante la lettura di questo romanzo, è che mi sono ritrovata catapultata tra le pareti di Rushwater House, circondata da gente che entrava e usciva, da camerieri e tate e maggiordomi e governanti che giravano indisturbati nelle stanze della villa; ma non sono mai riuscita a venire a capo di quelli che sono i personaggi principali, del legame che legava gli uni agli altri e, soprattutto, quale fosse il filo conduttore della storia più in generale.

Insomma, la sensazione che ho avuto è stata quella di aver guardato un episodio di una serie televisiva di cui, però, mi ero persa le prime dieci puntate.
Mi sono sentita spiazzata e, forse, questo è dovuto al fatto che, tendenzialmente, questo tipo di narrativa, questo tipo di storie, quelle fini a se stesse, non mi sono consoni.

Sicuramente l'autrice, rapportata alla sua epoca, ha una scrittura fluida e, a tratti, ilare, che non mancherà di deludere tutte le appassionate di romanzi ambientati e scritti nei primi anni del Novecento.