Recensione 'Io che ti ho voluto così bene' di Roberta Recchia - Rizzoli


IO CHE TI HO VOLUTO COSÌ BENE
Roberta Recchia
Rizzoli
27 maggio 2025
347 pagine


Luca non ha neanche quattordici anni, ma ha una sensibilità silenziosa che lo rende diverso dai coetanei. Con i genitori e il fratello maggiore abita in una località di mare, dove tutto sembra immutabile: un posto sicuro che con la bella stagione si popola anno dopo anno. Un'estate una ragazza piena di vita diventa il suo primo sogno d'amore. Quando però lei scompare, e i carabinieri bussano alla loro porta, l'esistenza di Luca e dei suoi viene segnata per sempre. Per sottrarre lui, con la sua innocenza di bambino, all'ombra che si propaga inesorabile sulla famiglia, la madre gli riempie in fretta una valigia e lo mette su un treno con un biglietto di sola andata: al Nord lo aspettano lo zio Umberto, professore al liceo, e la zia Mara con le cugine. In un mondo diverso, lontanissimo da quello della sua infanzia, Luca prova a ricostruirsi, cresce e mette nuove radici, cercando di restituire un senso a parole come fiducia e appartenenza. A sostenerlo ci sono lo zio Umberto, che per lui dà tutto se stesso, e Flavia, una ragazzina determinata a fargli ritrovare la speranza nel futuro. Con la sua penna delicata e profonda, Roberta Recchia mette in scena relazioni intense, dialoghi vibranti, e una storia che ci tiene stretti fino all'ultima pagina. Un romanzo carico di grazia sulla possibilità di rinascere e di saper perdonare, con un protagonista che ci conquista e ci commuove da subito: perché la sua voce ci arriva con tutta la pienezza dei silenzi e delle verità sussurrate.


Sentimenti contrastanti. Se questa recensione avesse un titolo, sarebbe sicuramente questo. Sentimenti contrastanti sono stati quelli che ho provato quando, saputo dell'uscita del nuovo romanzo di Roberta Recchia, mi sono precipitata a leggerne la trama. 
C'era qualcosa, tra quelle righe, che stonava, qualcosa che riportava alla mia mente le atmosfere del libro precedente della stessa autrice, Tutta la vita che resta.
Sentimenti contrastanti che hanno preso forma una volta che la lettura è iniziata. Perché sì, questa nuova storia è una costola, uno spin-off, un seguito (?) di quel primo libro che, nel suo insieme, tanto mi aveva entusiasmata e commossa!

- ATTENZIONE: LA RECENSIONE POTREBBE CONTENERE SPOILER RELATIVI AL PRIMO ROMANZO -

Io che ti ho voluto così bene è la stessa storia, ma raccontata da una voce e da un punto di vista diversi, quelli di Luca, fratellino di Mizio, l'assassino di Betta.
Ritorniamo in quei luoghi e in quei momenti per avere una nuova prospettiva, non più quella della famiglia che ha perduto una figlia, barbaramente stuprata e lasciata morire in spiaggia, ma quella della famiglia di uno degli assassini e, in particolare, lo sguardo di Luca, che per Betta aveva sempre avuto una cotta e che dovrà fare i conti con quello che vuol dire essere il fratello di un assassino.

In poche ore la sua vita verrà totalmente stravolta: sarà allontanato da casa, dovrà ricostruirsi una vita altrove, dimenticare tutte le sue abitudini, lottare con l'assenza dei genitori e della fidanzatina, Flavia. Ma, soprattutto, dovrà trovare un modo per far pace con l'idea che suo fratello, il suo mito, sia stato capace di un gesto così atroce.

Da questo punto si riparte, senza, però che il lettore venga in alcuno modo messo a conoscenza che, tra quelle prime pagine, ritroverà personaggi già conosciuti e una storia in parte già letta. E se il romanzo precedente non fosse stato letto? Siamo alle solite: nessuna informazione è trapelata né da parte della Casa Editrice né da parte dell'autrice, quindi ve lo dico io (che novità, eh?!): se non avete letto il romanzo precedente, non iniziate da questo, altrimenti non avrà più alcun senso leggerlo; in caso contrario, sappiate che avrete tra le mani una sorta di (superfluo) seguito.

Superfluo e mi spiace molto dirlo, perché la scrittura di Recchia è sicuramente rara nel panorama della narrativa italiana contemporanea: una voce unica, che riesce a mescolare tenerezza e dolore con intensità e senza retorica. Ma stavolta a mancare è la storia, che vive di fasi alterne tra una parte e l'altra del romanzo.
Se inizialmente si rimane spiazzati nel rendersi conto che si torna in luoghi conosciuti e in momenti già vissuti, procedendo con la lettura subentra il disorientamento dovuto ai troppi personaggi, alle troppe storie che si intrecciano, alcune, spesso e purtroppo, assolutamente inutili nell'economia del romanzo.

Nomi, vicende, fatti e fatterelli che non fanno altro che confondere e farci chiedere quanta carne al fuoco serva ancora aggiungere; tragedie, dolori su dolori che, ogni volta che uno spiraglio di luce pare apparire in fondo al famoso tunnel (sarà mica un treno?!), immediatamente viene spento dall'ennesima tragica vicissitudine.
Tante cose stridono in questa storia, troppe forse, per un romanzo di questa portata. La sensazione che ho avuto più spesso durante la lettura, è stata che l'autrice abbia voluto compensare il "buonismo" del precedente romanzo con un surplus di eventi gettati qua e là in queste pagine.
Ma, evidentemente, Recchia è buona d'animo, perché anche questa volta, esattamente come in Tutta la vita che resta, il finale sole, cuore e amore è garantito ai lettori più buonisti.

Purtroppo, non sono questi gli elementi che mi hanno, in definitiva, fatto storcere il muso durante la lettura, quanto l'essermi chiesta, dalla prima all'ultima pagina, quanto questo romanzo fosse necessario. Avevamo davvero bisogno di questa storia? La precedente, nella sua (quasi) perfezione, non era bastata a chiudere tutto, a dare una quadra a ogni situazione? Perché ritornarci su? Perché non osare con qualcosa di diverso? Non ho trovato una risposta a questi miei dubbi, anche se sono certa che l'autrice abbia avuto le sue motivazioni, ma, per quanto mi riguarda, i sentimenti contrastanti sono diventati certezza: questa storia non era necessaria, nulla aggiunge a ciò che tanto avevamo amato.
E adesso rimane solo una domanda: perché in tanti hanno affermato di aver pianto amare lacrime alla fine di questa storia? Ve lo chiede una persona che, è sì sempre stata una frignona, ma da un paio di mesi a questa parte riesce a commuoversi anche solo vedendo una margherita in un campo.


La Libridinosa

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