Buongiorno, lettori! Oggi tocca a me. E ammetto che, dopo una settimana pienissima, mi sono ridotta all'ultimo momento per scrivere questo post.
Oggi commenteremo la quinta parte del libro Noi di David Nicholls.
Se vi siete lasciati sfuggire le prime due tappe, vi ricordo che potrete trovarle
qui e
qui.
Nella seconda tappa, abbiamo lasciato Douglas e Connie in Germania, dopo che Albie ha deciso di abbandonare la vacanza di famiglia e dirigersi verso altri lidi in compagnia di Cat.
Douglas e Connie sono pronti a far rientro a casa, ma Doug, forse spinto dalla voglia di riconquistare Connie, decide di mettersi alla ricerca del figlio
Ma Connie aveva già spento il telefono. Rimasi a guardarla mentre si allontanava lungo il corridoio e mi misi sulle tracce di mio figlio. Questa volta l'avrei salvato, che fosse in pericolo o meno.
Venezia
Venezia è, per Douglas, il luogo dei ricordi. Il posto in cui, come nel più scontato dei copioni, lui ha chiesto a Connie, tanti anni prima, di diventare sua moglie.
Era a Venezia che le avevo chiesto di sposarmi. [...] Pensate come sarebbe stato romantico se avesse detto di sì. Invece scoppiò a ridere, imprecò a denti stretti, aggrottò la fronte, mordendosi il labbro, mi abbracciò, imprecò di nuovo, mi baciò e disse sorridendo: <<Posso pensarci su?>>
Credo che, a questo punto della lettura, ormai tutti noi abbiamo imparato a conoscere Douglas e Connie. Nelle tappe precedenti ho già espresso il mio parere: Connie non piace quasi a nessuno, a me, invece, risulta indifferente; al contrario, trovo che Douglas sia privo di qualunque forza di volontà. Un uomo che si è totalmente adeguato al volere della moglie, che non è mai riuscito a creare un proprio rapporto col figlio. Ecco, già in questo proposta di matrimonio, quando Connie, dopo tre anni di rapporto, risponde in quel modo... Io, uomo, mi sarei girato dall'altra parte e ti avrei mandata a quel paese. Lui, invece, no. Anzi, è felice quando, qualche mese dopo, lei accetterà di sposarlo!
Arrivato a Venezia e preso possesso di una camera paragonabile ad un tugurio, Douglas deve trovare il modo di rintracciare suo figlio
... a naso direi che le probabilità di incontrare Albie erano pochissime. Tuttavia non erano affatto nulle e ad aiutarmi era la considerazione che i flussi pedonali a Venezia coincidono, grossomodo, con certi itinerari molto battuti ...
Ecco, anche qui quest'uomo è stato in grado di darmi sui nervi. Ma come puoi pensare che un diciassettenne giri per Venezia come un normale turista? Come puoi credere che girare per Venezia seguendo un certo criterio, ti farà incontrare tuo figlio? Mentre leggevo queste pagine, avrei voluto essere lì e dire a Doug che è un deficiente!
A Venezia, Douglas fa la conoscenza di una signora danese. E anche qui, per quanto mi riguarda, è in grado di dar sfogo a tutta la sua stupida ilarità
<Mi chiamo Douglas, come l'abete>> [...]
<<Piacere, Freja, ma temo di non avere niente di spiritoso da associare al mio nome>>:
<<E chi se ne ... Freja!>>
Obiettivamente, ma se un uomo, presentandosi a voi, dicesse una frase del genere, voi cosa fareste? Perché io mi sarei alzata da tavola e sarei scappata a gambe levate! Invece, lei no! Vabbè!
Le chiacchiere tra Douglas e Freja ci porteranno anche ad approfondire il lutto che ha permeato, probabilmente, tutta la storia tra Connie e suo marito: la morte, a poche ore dalla nascita, della piccola Jane.
E qui mi è venuto da pensare che, probabilmente, l'atteggiamento protettivo di Connie nei confronti di Albie, il suo essere più un'amica che una madre, il suo schierarsi sempre a suo favore, affondi le radici in questa perdita atroce.
E mentre Douglas gira per Venezia seguendo un suo (inutile) schema, ecco che salta fuori che Albie si è spostato verso Pisa perché
Venezia ci ha stufato. Troppi turisti. On the road again!
Così, Douglas decide di mandare a monte ciò che pare stia nascendo con Freja e partire per Pisa, alla disperata ricerca di un figlio che, com'è ovvio, sta scappando da lui, da una vacanza imposta, da una situazione familiare che gli sta stretta.
Arrivata alla fine di questa quinta parte, le mie perplessità su questo libro non si sono dissipate.
Probabilmente, avendo scoperto ed amato questo autore con "Un giorno", mi aspettavo un ulteriore salto di qualità. Invece, mi ritrovo ad avere a che fare con una narrazione ordinaria, dei personaggi che, nonostante io mi sforzi, non riescono ad entrarmi nel cuore e con domande che mi perseguitano durante tutta la lettura: quale genitore costringe un figlio diciassettenne ad un viaggio di famiglia? Quale marito accetta un tradimento, una moglie che gli mette contro l'unico figlio? E, soprattutto, quale donna è così folle da decidere di trascorrere vent'anni accanto ad un uomo che la costringe ad essere completamente diversa da ciò che lei è?
Vi ricordo che da oggi prende il via la lettura per la
quarta tappa, di cui discuteremo con
Salvia, lunedì 2 marzo, nel suo blog
Scribacchiando in soffitta.
E adesso aspetto i vostri commenti con le emozioni che vi ha suscitato questa parte della lettura!