L'INSAZIABILE
A. K. Blakemore
Fazi Editore
1 ottobre 2024
331 pagine
Sul giovane Tarare se ne dicono tante. Pare che abbia divorato ogni sorta di creatura: oggetti, animali, perfino una bambina. Ma lasciamo a lui l’onere di raccontare la sua storia. Nato nelle campagne francesi a fine Settecento, figlio bastardo di una giovane nubile, rimane orfano di padre il giorno stesso in cui nasce; per mantenerlo, la madre comincia a prostituirsi e presto gli dĆ una sorellina. Cresce nella miseria piĆ¹ crudele, Tarare, finchĆ©, quando ĆØ ormai un ragazzo, il contrabbandiere che vive con la madre non lo costringe a fuggire. Ć proprio in questo momento che in lui accade qualcosa di strano: un appetito insaziabile, sconfinato, mostruoso inizia a perseguitarlo. Non lo abbandonerĆ mai. Solo al mondo, privo di qualsiasi scopo, costantemente attanagliato dalla fame, Tarare intraprenderĆ una lunga, disperata peregrinazione attraverso la Francia, che lo vedrĆ unirsi a una combriccola di ladri nelle vesti di fenomeno da baraccone grazie alle sue abbuffate, e poi giungere a Parigi, dove si aggregherĆ alle truppe rivoluzionarie nella speranza di essere nutrito. A guidarlo in questo incredibile viaggio, soltanto una vana, segreta speranza: quella di ricongiungersi prima o poi con l’amata madre.
Traendo spunto dalla storia di un personaggio realmente esistito, A.K. Blakemore, stella emergente della letteratura inglese che ha giĆ ammaliato i lettori con Le streghe di Manningtree, dimostra ancora una volta un’abilitĆ straordinaria nel riportare in vita il passato. L’insaziabile ĆØ un romanzo vivido e perturbante, caratterizzato da un’eleganza stilistica e narrativa senza pari e unanimemente riconosciuto in patria come uno dei migliori libri dell’anno.
Conoscete la polifagia? Si tratta di un fenomeno fisico che porta chi ne soffre a ingerire quantitĆ di cibo sproporzionate; puĆ² essere sintomo di DCA, ma derivare anche da traumi psichici.
SarĆ proprio un trauma a scatenare questa patologia in Tarare, giovanissimo ragazzo francese che, dopo essere cresciuto con la sola madre, verrĆ cacciato di casa dal patrigno.
L'autrice si basa su una storia vera, sottolineando, nella postfazione, di aver scelto di non raccontare i fatti per come sono realmente accaduti, bensƬ di aver scelto di riproporre un mito. Ci ĆØ riuscita? Per quanto mi riguarda, no.
L'insaziabile ĆØ un romanzo diviso in tre parti e in tre parti si divide anche il mio pensiero. La prima ci narra la nascita turbolenta e l'infanzia di Tarare, un bimbetto solitario che, crescendo, si trasforma in un ragazzo ingenuo e semplice.
Seguiamo, tra mille descrizioni, la sua crescita, accanto a una madre che si arrabatta sino al punto di prostituirsi per tirare avanti; e sino all'arrivo di Nollet, l'uomo che cambierĆ per sempre, e in negativo, le sue sorti.
Nollet, contrabbandiere, si insinua pian piano nella routine di Tarare e della madre. E sarĆ proprio il ragazzo a pagarne le conseguenze, ritrovandosi dapprima emarginato in casa propria e, in un secondo momento, picchiato ferocemente e cacciato via.
La prima parte, scorrevole e ben articolata, scivola via velocemente, lasciando anche un groppo in gola nel vedere Tarare, ferito e incosciente, abbandonato su un prato.
E poi? E poi boh! Dalla seconda parte tutto crolla: se giĆ nelle prime pagine si nota la propensione dell'autrice a soffermarsi sulle descrizioni, procedendo col romanzo questa caratteristica si trasforma quasi in un'ossessione.
Ogni piccolo dettaglio, che riguardi luoghi, personaggi o situazioni, viene minuziosamente eviscerato. Nulla viene lasciato alla fantasia del lettore che, cosƬ, si trova imprigionato tra le sproloquianti descrizioni e una trama che prende una piega a metĆ tra l'onirico e il delirante, virando infine verso l'appiattimento totale.
La seconda parte vede Tarare preda tanto della sua nascente polifagia, scatenatasi in lui dopo essere stato cacciato di casa, quanto di incontri sbagliati con gente pronta a sfruttare la sua patologia per arricchirsi.
E via cosƬ per poco piĆ¹ di cento pagine, nelle quali la storia comincia ad assumere toni torbidi.
La conclusione di questa seconda tranche del romanzo lascia la flebile speranza di una ripresa sul finale.
Purtroppo, non solo questo non accade, ma Blakemore riesce a dare il definitivo colpo di grazia al suo scritto, che diventa improvvisamente una "lista della spesa" di tutto ciĆ² che Tarare ingurgita (o viene costretto a ingurgitare), cavalcando lentamente la strada del cruento, quasi volesse spingere il lettore verso lo choc.
Ci riesce? No! Anzi, allo sdegno, quasi scontato, si aggiungono la noia per una trama sempre piĆ¹ piatta e lenta e la delusione per un finale che fa esclamante un sonoro: "E quindi?". GiĆ , quindi? PerchĆ© l'autrice decide di concludere il romanzo e la storia di Tarare, ma a noi nulla viene spiegato, rivelato o raccontato.
L'unico personaggio degno di nota, in un marasma quasi circense di gente che va e viene di pagina in pagina, ĆØ Suor PerpetuĆ© che, almeno nei capitoli iniziali, pare promettere scintille. Peccato Blakemore scelga di relegarla al ruolo di comparsa, facendola passare in secondo piano sin quasi a scomparire del tutto.
L'insaziabile ĆØ uno di quei casi in cui una trama affascinante diventa vittima di una scrittura ridondante, ma, soprattutto, di scelte sbagliate da parte della stessa persona che ha deciso di dar voce a questa storia.
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