OVUNQUE IO SIA
Romana Petri ・Beat ・29 ottobre 2015 ・622 pagine
L'avesse almeno uccisa la morte, Lucia. E invece l'ha uccisa la vita.
Ho terminato la lettura di questo romanzo con una sorta di pesantezza addosso; mi sono sentita quasi soffocare da tutto il dolore che permea queste pagine e la vita dei personaggi di questa storia. Ne sono riemersa con una contrapposizione tra soddisfazione e dubbio.
Romana Petri ci porta nella Lisbona del secondo dopo-guerra e ci racconta la vita di tre donne, Ofelia, Margarida e Maria do Ceu; tre donne diverse tra loro, il cui legame piĆ¹ grande ĆØ la sofferenza che gli uomini porteranno nelle loro vite.
Ognuna di queste tre donne, a modo loro, sacrificherĆ la propria vita a quell'amore tanto bramato quanto doloroso.
La prima sarĆ Ofelia che, ormai trentenne, incontrerĆ il giovane Manuel Ramalhete, di otto anni piĆ¹ giovane di lei, che inizierĆ a farle una corte tanto serrata quanto galante. Ofelia non ha mai pensato al matrimonio, ma cederĆ velocemente alle lusinghe di quel ragazzo giovane e ambizioso, spinta anche da una madre che ha sempre sognato, per lei, un futuro radioso.
Tutt'altro che radiosa, perĆ², sarĆ la vita di Ofelia, che, sin dal primo giorno di nozze, si renderĆ conto che Manuel ĆØ molto diverso dal ragazzo che la riempiva di attenzioni e delicatezze durante il fidanzamento.
Margarida ĆØ una povera orfana che negli occhi di Carlos pensa di trovare quella felicitĆ che le ĆØ sempre stata negata; la stessa felicitĆ che, una volta rimasta sola, cercherĆ di insegnare a Maria do Ceu, unico ricordo rimastole di un amore perduto; una figlia tanto bella quanto dura nell'affrontare la vita.
Il fulcro di questo romanzo risiede sicuramente nelle contrapposizioni: quella tra uomo e donna, ma anche tra le stesse donne protagoniste di questa storia.
Ofelia sacrificherĆ la sua intera esistenza in nome di quel matrimonio che lei, cattolica al limite dell'estremismo, considererĆ sacro e indissolubile nonostante tutte le sofferenze e i tradimenti che Manuel perpetrerĆ per l'intera sua vita.
Una donna che farĆ del sacrificio e del martirio la sua ragione di vita, chiudendosi in sĆ© stessa oltre che dentro casa, abbruttendosi, diventando quasi l'ombra di un essere umano, come se questo suo sacrificio potesse in qualche modo far leva sul senso di colpa di quel marito che, invece, vedrĆ in quella moglie cosƬ sacrificata e muta la perfetta donna da avere accanto a sĆ©.
Margarida ĆØ una donna col sorriso sempre sulle labbra, nonostante la vita, con lei, di sorrisi ne abbia elargiti ben pochi.
Orfana, povera, abbandonata da quello che rimarrĆ l'unico amore della sua vita, non perderĆ mai la speranza e la gioia di vivere; gioia che cercherĆ in tutti i modi di trasmettere alla figlia, Maria do Ceu, due occhi come un cielo stellato e il disincanto che le si poggerĆ sul viso sin dalla nascita.
Maria do Ceu sembra, almeno in parte, l'unica delle tre donne che ci vengono raccontate in questo romanzo, a non piegarsi mai al volere degli uomini: non lo farĆ col marito traditore nĆ© col padre assente. Ma, nonostante ciĆ², la sua vita sarĆ comunque lo specchio di quella della madre e della matrigna, uno specchio che rifletterĆ solo dolori.
Come detto, ciĆ² che spicca in questo romanzo ĆØ la contrapposizione: le donne ci vengono descritte come delle eterne infelici, insoddisfatte, ognuna a modo loro, della vita che conducono, dei mariti, degli amori perduti e mai ritrovati, dei figli, nati e non nati.
Di contro, gli uomini di questo romanzo ci vengono descritti come deboli, bugiardi, traditori, ma, allo stesso tempo, incapaci di fare a meno di queste donne.
Donne diverse tra loro che, in qualche modo, sceglieranno lo stesso tipo di uomo.
Una riflessione scaturisce dalla lettura di questo romanzo: quanta infelicitĆ si puĆ² raccontare in un solo libro? E quanta il lettore ĆØ disposto a sopportarne?
Questa ĆØ stata la prima perplessitĆ suscitata in me dalla lettura di Ovunque io sia. Un romanzo che racchiude in sĆ© delle storie forti, ma estremamente cupe; un romanzo che, giunta alla fine, mi ha lasciato addosso un senso di soffocamento e angoscia.
Mai un barlume di speranza, mai un sorriso, una prospettiva lieta per il futuro, neanche in quell'accenno finale ai tre figli di Maria do Ceu.
I personaggi sono perfettamente riconoscibili, ma quasi respingenti; e, per assurdo, a risultarlo di piĆ¹ sono proprio le tre protagoniste, verso le quali sorge spesso la voglia di scuoterle da quel torpore di dolore che le avvolge dalla prima all'ultima pagina.
CiĆ² che manca, in questo romanzo, ĆØ una scrittura fluida: quella di Petri risulta eccessivamente stilistica, quasi l'autrice volesse far sfoggio del suo sapere e dell'abilitĆ della sua penna.
Spesso si perde tra l'utilizzo di forme verbali decisamente arcaiche (aperse!!) e descrizioni eccessive e inutili, che, alla lunga, stancano il lettore e lo portano a giungere alla fine del romanzo quasi a fatica.
Ma davanti a tante, inutili, descrizioni, manca poi quella che ĆØ la parte fondamentale in uno scritto di questo tipo: la storia dell'epoca.
Il libro ĆØ ambientato a Lisbona, inizia a metĆ degli anni Quaranta e attraversa quella che viene ricordata come la Rivoluzione dei Garofani, il colpo di Stato col quale il Portogallo mise fine al regime dittatoriale di Salazar.
Nel romanzo questa situazione viene ridotta a un accenno di poche pagine, eppure ĆØ qualcosa che, sicuramente, avrĆ inciso sulla vita dei protagonisti.
Le date sono approssimative; spesso tra un capitolo e l'altro si assiste a un salto temporale che il lettore si trova a dedurre solo per il cambio di situazioni e, soprattutto, di etĆ dei protagonisti.
CiĆ² che stupisce di questo libro, perĆ², ĆØ il modo in cui lo si legge, quasi con bramosia, come se si rimanesse ammaliati da qualcosa che ĆØ impossibile spiegare a parole.
Il finale chiude tutti i cerchi, il che mi porta a pensare che sia nato come romanzo auto-conclusivo, al quale l'autrice ha poi deciso di dare ulteriore seguito.
Sono curiosa di leggere il secondo volume? SƬ, ma allo stesso tempo temo anche una delusione.
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