Recensione 'Vedrai, vedrai' di Stefano Amato - Giunti


Titolo: Vedrai, vedrai || Autore: Stefano Amato || Editore: Giunti
Data di pubblicazione: 9 gennaio 2019 || Pagine: 224

Durante la notte di San Lorenzo, seduto sul bagnasciuga lontano dai falò, dalle chitarre scordate e dagli amici che festeggiano il diploma, Alessio guarda il cielo, chiude gli occhi ed esprime un desiderio. 
Un mese dopo, il ragazzo sale le scale mobili della metropolitana di Porta Venezia, a Milano. Ha lasciato la Sicilia e le temperature tropicali della lavanderia di famiglia per cercare fortuna al nord, ospite di sua zia Franca, che gestisce un esclusivo ristorante del centro, il Beccafico. Il giovane ma già celebre chef Roberto Bernini, star del locale e della movida milanese, prende il timido e solitario Alessio sotto la sua ala e, tra un party e un vernissage, gli presenta la gente che conta. 
Ma Alessio ha già incontrato la persona che per lui conta davvero: è Beatrice, l’aiuto cuoco del Beccafico, che lo ha stregato con i suoi occhi di due colori diversi, magici… Per Alessio è stato un colpo di fulmine. Per Beatrice, invece, è un sentimento che cresce piano, inaspettatamente, tra cinema d’essai, piccoli bar di quartiere e passeggiate alla scoperta di una città lontana dall'immaginario comune. Ma la ragazza ha un segreto che non potrà nascondere a lungo e che manderà in pezzi gli equilibri del ristorante, e il cuore di Alessio.




Questo libro è stupido. Sì, lo so, educazione e rispetto richiederebbero che non si faccia un'affermazione del genere, perché dietro ad ogni libro c'è il lavoro di tante persone e c'è il sacrificio di bla bla bla...
Io, però, qua di sacrificio ho visto il mio: quello che ho fatto riuscendo a leggerlo tutto senza farlo volare fuori dalla finestra.

Andiamo con ordine: la storia che Stefano Amato ci racconta è banale, trita e ritrita, già vista, già letta, ha anche già stufato.
Certo, se l'autore si fosse impegnato un po' di più, forse avrebbe potuto tirare fuori qualcosa di carino, perché di buono c'è che la scrittura è abbastanza fluida e, almeno nella prima parte del libro, fa capolino una vena ironica che, purtroppo, viene presto abbandonato e che, secondo me, sarebbe stata di grande aiuto.
Ma di che storia stiamo parlando? Di una delle più amate dagli scrittori nostrani: il ragazzo che da un piccolo paese siciliano emigra verso la metropoli italiana per eccellenza: Milano.
E vabbè, vogliamo sfruttare questo filone? Sfruttiamolo, ma cerchiamo di farlo in maniera meno banale.

Dunque dunque... Alessio vive a Cirasa (nome decisamente inventato, la cui traduzione dal siciliano all'italiano vi farà ottenere la parola ciliegia), un piccolo paese che affaccia su una delle coste della Trinacria.
Alessio ha 19 anni, ama leggere, è un solitario e, finite le scuole, pur di non seppellirsi nella lavanderia di famiglia, decide di trasferirsi a Milano.
E vuoi mai che un siciliano non abbia, casualmente, un qualche parente emigrato? Ovviamente il parente c'è e, nel caso specifico, trattasi di zia Franca (tutte le zie, in Sicilia, si chiamano o Franca o Gina... io sono fortunata perché le ho entrambe!), sorella di papà e, ovviamente, invisa a mammà, e fiera proprietaria de "Il Beccafico", tipica cucina siciliana.

Siete pronti per la Fiera degli Stereotipi? Bene, mettetevi comodi perché qui abbondano!
  • A Milano fa sempre freddo
  • A Milano si esce solo dopo le 23
  • Nei bar di Corso Como si incontrano solo calciatori col Porsche e soubrette senza cervello
  • Le mamme del sud chiedono sempre se hai mangiato e se hai indossato la maglia di lana
  • A Milano le donne sono tutte gnocche da paura!
  • Chi si trasferisce dal sud al nord, assume automaticamente uno pseudo-accento atto ad imitare gli abitanti del luogo
Ecco, questi sono solo alcuni degli stereotipi che troverete in questo libro.
Adesso, vediamo di fare qualche precisazione: io ho 42 anni e, per i primi 34 anni della mia vita, ho vissuto in Sicilia. Dopo di che, mi sono trasferita in Lombardia e no, non ho qui alcun parente!
Una delle cose che mi colpì di più, quando arrivai, era vedere i negozi chiudere alle 19 e i locali pubblici alle 22, un paio d'ore dopo nel fine settimana. 
Se uscite di casa alle 23 vi sembrerà di trovarvi sul set di uno di quei film con gli zombie pronti a sbucare dalla nebbia. Se siete in giro e vi viene voglia di mangiare qualcosa dopo le 22, tornate a casa e fatevi due spaghetti, altrimenti rischiate di morire di fame!
In Sicilia, i locali chiudono poco prima dell'alba!
A Milano, d'estate, fa un caldo boia ed è un caldo molto meno piacevole di quello siciliano, perché è umido e non tira un alito di vento (e questa cosa l'aveva capita pure mia nonna, che infatti, d'estate, a Milano, non ci metteva piede!).
Non ho mai beccato un calciatore in Corso Como, in compenso ci sono in giro certe ragazze che, a guardarle bene, vien da chiedersi se, una volta defunte, andranno gettate nell'umido o nella plastica!
Ah... mia madre (siciliana da molteplici generazioni) non mi ha mai chiesto se avessi mangiato. 
Per la cronaca: continuo ad avere il mio accento siciliano, non ho intenzione di perderlo e nemmeno di iniziare a parlare come una scema!

Come se non bastassero questi luoghi comuni, Amato ha pensato bene di aggiungere un ulteriore tocco di ovvietà ad una storia che spicca per tutto meno che per originalità.
E cosa c'è di più ovvio del classico triangolo amoroso? Appena giunto a Milano, infatti, Alessio conosce Beatrice, aiuto cuoca nel ristorante della zia. C'è bisogno che vi dica che si innamorerà di lei? E che lei ami già un altro? E che quest'altro le spezzerà il cuore e lei si farà consolare da Alessio? E che poi tornerà con l'altro? (Ucci ucci... sento odor di romance!) Avevate già capito tutto, vero? Come siete bravi, mi rendete davvero orgogliosa!

Per concludere questo (stupido) libro, Amato sottolinea che "i siciliani vogliono sempre tornare alla loro terra": NON È VERO. Io non tornerei indietro per niente al mondo (e conosco tantissime persone che la pensano come me).

Infine, vorrei precisare che, così come non tutti abbiamo un parente a Milano, è altrettanto vero che spesso nessuno dei nostri congiunti è invischiato con la malavita (nel caso vi venisse la malaugurata idea di leggere questo romanzo, capirete a cosa mi riferisco).



La Libridinosa

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6 commenti:

  1. Ahah, mi ha divertita tanto questa recensione cattivella! Grazie di esserti sobbarcata questa lettura deludente per noi :(

    Non pensavo fossi siciliana, dai video su YT non l'ho sentito forte l'accento… pensavo che fossi toscana, mi sembrava di aver letto così nella recensione della serie di Strukul sui Medici (adoro!!).

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    1. Sono Toscana da parte di padre e siciliana da parte di madre. Sono però nata e cresciuta in Sicilia, trascorrendo praticamente tutte le mie vacanze a Firenze!

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  2. Guarda, sono napoletana (lo sapevi??? Te l'avevo mai detto??? Te ne eri accorta???) e i luoghi comuni me li porto appiccicati addosso da una vita. E li odio, li odio, li odio! Anche quelli positivi! E odio tutti quegli autori, attori, comici, giornalisti eccetera che campano allegramente rimestando nel grande calderone dei luoghi comuni. Che poi, anche a voler soprassedere sulla dannosità del luogo comune, scrivere utilizzandoli è banale e noioso. Mi fido della tua opinione e questo romanzo non lo prendo proprio in considerazione.

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    1. Napoletana? Tu? E ora me lo dici? Adesso manca solo scoprire che hai conosciuto de Giovanni...

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  3. Di triangolo amorosi sopporto solo quello che canta Renato Zero, quindi questo romanzo con me parte già male, ma dalla tua recensione mi pare che se anche non lo recupero non mi perdo niente!

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    1. No figurati, lascia perdere, dedicati a letture migliori che ce ne sono tante in giro!

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