Titolo: Il meglio di noi || Autore: Francesco Gungui || Editore: Giunti
Data di pubblicazione: 27 marzo 2019 || Pagine: 250
È davvero possibile imparare a vivere meglio quando la vita sembra avere la meglio su di te? Sara ancora non lo sa. Dopo anni di crisi, lei e Michele hanno deciso di separarsi e devono solo trovare il coraggio di dirlo al figlio, Nicolò, sei anni, un bambino tanto sensibile e creativo, affetto da una forte dermatite che lo spinge a grattarsi a sangue durante la notte. Quando finalmente tutto è deciso, Michele ha un incidente che d'improvviso porta alla luce una triste verità: «Quindi non ci bastano i soldi? Dobbiamo rimandare tutto?» è la domanda allibita di Sara. Vivere da separati in casa diventa l'unica scelta possibile. Ma Sara capisce che deve fare qualcosa, deve trovare una strategia per sopravvivere. La psicologa, le ricerche in rete fino a notte fonda non sembrano portare a niente. Forse è tempo di provare qualcosa di diverso. Ma per orientarsi in questo mondo di manuali self-help, di blog su "come essere felici", teorie motivazionali di esuberanti coach e sedicenti guru, serve una guida. A volte l'aiuto che di cui hai bisogno è proprio dietro l'angolo, il maestro arriva quando il discepolo è pronto. Poche parole prima di iniziare un'avventura che cambierà il futuro di Sara: «Tu sei l'eroina, tuo è il viaggio. È ora di prendere in mano la tua vita».
Mi sono approcciata a questo romanzo con qualche perplessità (dovuta principalmente ad una trama che appare, ad un primo sguardo, abbastanza banale), ma anche con grande fiducia nella scrittura di Francesco Gungui, che tanto avevo amato nel suo precedente romanzo.
E invece, ahimè, la lettura di questo libro si è rivelata noiosa e, a tratti, spossante.
Questa storia potrebbe dividersi in due parti distinte e separate: la parte iniziale e finale del romanzo, in cui l'autore ci racconta le vicende di Sara e Michele, una coppia di quarantenni milanesi alle prese con un'imminente separazione.
La parte centrale del libro, invece, è una perfetta sintesi di tutti quei manuali di auto-aiuto che troviamo in libreria.
Ma analizziamo i dettagli: Sara e Michele, come detto, vivono a Milano, hanno circa 40 anni, sono genitori di Nicolò, 6 anni, affetto da una forte dermatite che lo porta a grattarsi sino a ferirsi.
I due hanno deciso di separarsi e hanno già pianificato tempi e modi, quando Michele ha un incidente che manda per aria tutti i loro piani, non tanto per lo stato di salute del marito, quanto per le difficoltà economiche che gli impediscono di andare via di casa e provvedere al mantenimento di moglie e figlio.
Questa parte della storia solleva già qualche perplessità: indipendentemente dall'incidente, Michele era già in cattive acque, quindi come avrebbe fatto ad andare via di casa? Gungui liquida tutto in maniera frettolosa, mettendo in bocca al personaggio due risposte scontate e banali.
Questo inizio di romanzo avrebbe comunque potuto rivelarsi, almeno in parte, divertente e strappare qualche risata al lettore, se l'autore non avesse creato dei personaggi che definire pesanti è segno di grande gentilezza.
Michele è il classico quarantenne in carriera, telefono sempre alla mano, un po' farfallone, costantemente distratto, quasi del tutto estraneo a quelle che sono le dinamiche domestiche e familiari.
Il suo personaggio, tra l'altro, rimane abbastanza marginale nell'economia della trama, risultando quasi solo uno spunto per la tessitura della storia.
Sara... che dirvi di lei? Se la canta e se la suona da sola per per tutto il romanzo. Pignola, precisa, ansiosa... la classica rompiballe! Guarda il marito come fosse una cacca di cane su un marciapiede e idolatra il figlio manco avesse messo al mondo Steve Jobs!
Nicolò... oh caro, piccolo odioso bambino! Sei anni e sembri mio nonno; sei anni e sei noioso come una partita dell'Inter e fastidioso come la sabbia nelle mutande. D'altronde, con una madre come la tua, cosa ci si potrebbe aspettare?
Quando pensavo di aver toccato il fondo, ecco arrivare Achille, il male fatto personaggio!
Achille è il proprietario della libreria presso cui lavora Sara. È un personaggio che, inizialmente, ci appare molto sopra le righe, che poteva davvero diventare la parte ironica e leggera di questo romanzo.
Ma no! Gungui decide di renderlo più antipatico di tutti gli altri personaggi messi assieme e lo fa "vestendolo" da guru del self-help.
Mettendo da parte quello che può essere il pensiero personale su libri/corsi/video di auto-aiuto, il problema di questo romanzo risiede proprio nell'eccessiva presenza di tutto ciò.
L'intera parte centrale del libro è una sorta di corso su come amare se stessi, sui Chakra (l'ooooodio!), sul pensiero positivo e su tutte quelle fregnacce che attirano, spesso, chi avrebbe solo bisogno di un po' di autostima e di quattro chiacchiere con un'amica (che, tra l'altro, sono gratis!).
Cosa salvo di questo libro? La scrittura di Gungui, che rende la storia scorrevole, e la lunghezza: più di 250 pagine non sarebbero state sopportabili: Anche se, a ben guardare, il tutto si sarebbe potuto ridurre ad un racconto di un centinaio di pagine.
Io penso positivo, perché son vivo, perché son vivo!
RispondiEliminaVabbè la smetto con Jovanotti.
Mi dispiace che il libro non ti sia piaciuto, a me alla fine è piaciuto ma è questo il bello di questo mondo.
La parte Self help è veramente troppa, anche perché, come te, non sono una persona che apprezza questo genere di libri. A volte mi sembrano delle esagerazioni...