Recensione 'Donnafugata' di Costanza DiQuattro - Baldini+Castoldi

DONNAFUGATA || Costanza DiQuattro || Baldini+Castoldi || 10 settembre 2020 || 208 pagine

Donnafugata è un luogo, a due passi da Ragusa, tra carrubi secolari, muri a secco e campagna scoscesa. Donnafugata è un tempo, l’Ottocento, tra dominazione borbonica, moti di fierezza popolare e alba della dignità operaia. Donnafugata è un casato, tra i più antichi di Ibla, che di quella terra e quei giorni incarna gioie, patimenti e futuro. Alla sua testa c’è lui, il barone Corrado Arezzo De Spucches, di cui il libro è quasi un diario privato: da quando, ginocchia sbucciate e balia Annetta appresso, scappava bambino da don Gaudenzio e quella camurria del suo rosario; agli anni in cui, ragazzo, compie gli studi a Palermo e lì fa sua la voglia di rivoluzione; a quelli in cui, marito, padre e poi nonno, vive e invecchia «circondato dalle fimmini», amandole tutte teneramente e sopravvivendogli con il cuore spaccato.


La famigerata, spaventosa prima lettura dell'anno; quella da scegliere con estrema attenzione, pena incappare in un brutto libro, presagio funesto di un anno pessimo dal punto di vista letterario!
Che trucchi usare? Affidarsi ad autori già letti e non uscire mai dalla propria zona di comfort... facile facile!
Mai cercare di sperimentare qualcosa di nuovo e sconosciuto, per quello avremo davanti a noi dodici lunghi mesi!

Per iniziare questo 2022, ho deciso di scegliere il romanzo di un'autrice scoperta pochi mesi fa proprio grazie al suo ultimo libro, Giuditta e il monsù, e della cui penna mi sono innamorata incondizionatamente!
Ed è stato proprio lo stile la prima cosa che ho ritrovato tra queste pagine: una scrittura che ha la capacità di farmi sentire subito a casa!

Sono tornata in Sicilia, tra le strade conosciute di Ragusa Ibla e le stanze fresche del Castello di Donnafugata, dove, ad attendermi, ho trovato il Barone Corrado Arezzo. Sono tornata a respirare quell'aria che sa di gelsomino e zagara e a guardare quel cielo così azzurro da fare quasi male agli occhi! E mentre stavo seduta all'ombra di un albero, il Barone ha iniziato a raccontarmi la sua vita, una vita fatta di gioie e benessere, ma anche di grandi dolori e perdite.
E chissà cosa succede a un uomo che non sa piangere quando d'un tratto tutte le lacrime soffocate di una vita sgorgano prepotenti senza controllo. Forse ci si sente sommersi o forse finalmente liberi.
Non aspettatevi una storia lineare, perché tra queste pagine troverete, in un intreccio che spazia equilibratamente tra diario ed epistole, quasi un terzo di secolo di vita del Barone e della sua famiglia.
Dall'amicizia di lunga data col tuttofare Micheluzzo ai moti rivoluzioni di gioventù, passando per la consapevolezza che mai la Sicilia sarebbe diventata quel "centro" d'Italia tanto voluto,
È un destino ingiusto quello di questa terra, condannati a sopravvivere per far vivere chi ci comanda.
DiQuattro ci racconta un uomo di un tempo che fu, un uomo d'onore, attaccato alla sua terra e alla famiglia, di quelli che si seguono rimanendo sempre un passo indietro, ma che sono altrettanto pronti a correre in aiuto di chi ha bisogno.

Quasi avessimo davanti agli occhi un delicato acquerello, assisteremo allo scorrere della vita di questo uomo e degli eventi più importanti della stessa senza che nulla, se non le fasi più salienti, venga approfondito.
Questa scelta ha un doppio risvolto: se da una parte la narrazione rimane leggera e scorrevole, dall'altra pecca, a volte, di un necessario approfondimento.

In alcune parti, inoltre, è stato un po' destabilizzante il continuo balzo avanti e indietro negli anni, che porta a una certa confusione relativa, soprattutto, ai particolari della vita privata del Barone, che passa, davanti allo sguardo del lettore, dall'essere un giovane uomo all'età matura per poi tornare ragazzo, nell'arco di poche pagine.
Proprio il Barone Arezzo, però, è il punto forte, la roccia sulla quale questa storia si regge; un personaggio che entra prepotentemente nel cuore di chi legge e lo attraversa a passo svelto, proprio come ha fatto nella sua vita: lo sguardo sempre dritto davanti a sé, le spalle larghe... e poi, pian piano, i capelli che si incanutiscono, gli occhi che si velano, il corpo, quel corpo forte e fiero che tante tempeste ha affrontato, che pare quasi ripiegarsi su sé stesso.
Ci saluta così il Barone Corrado Arezzo: seduto in poltrona, una mano sul bastone e lo sguardo perduto nel nulla.

Grazie, Oscenza, per avermi accolta in casa vostra. Ne fui onorata assai.


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