Recensione 'I Malarazza'
di Ugo Barbàra - Rizzoli


I MALARAZZA || Ugo Barbàra || Rizzoli || 490 pagine



Castellammare del Golfo, 1860. Mentre Garibaldi si prepara a sbarcare in Sicilia, Antonio Montalto ha un’intuizione: cedere parte delle terre che hanno fatto la fortuna della sua famiglia – che da sempre produce olio e vino – in cambio di un piccolo veliero. Al paese intero pare un folle ma a lui non interessa; ha capito prima di tutti dove sta soffiando il vento del cambiamento e non può restare a guardare. Sa che se vuole realizzare le proprie ambizioni deve staccarsi dalla terra dei padri per guardare oltreoceano. Inizia così l’avventura dei Montalto che, tra l’arsura di Castellammare e il fragore di New York, incroceranno la grande Storia e daranno vita a un impero fondato sulle imprese visionarie di Antonio, ma soprattutto sulla caparbietà della moglie Rosaria, capace di gettare le basi per un progetto che travalica il loro tempo: la creazione di una banca americana con una presidente donna. Intorno a loro e ai sei figli, una schiera di figure memorabili, tra cui la giovane Bianca che, lasciata la sua esistenza siciliana per seguire la padrona Rosaria, si rifà una vita come speziale nella città americana. E Nicola, suo segreto amore, che scopre come i fantasmi possano inseguirlo anche di là dal mare.

I Malarazza è un volume di quasi 500 pagine nel quale l'autore, Ugo Barbàra, ingloba una sfilza di personaggi e fatti storici che si susseguono senza alcuna tregua dalla prima all'ultima riga.
Al centro di questo romanzo è la famiglia Montalto, proprietaria di varie terre e, da sempre, produttrice di vino.

Antonio, il capofamiglia, è un uomo affascinante e gioviale, la cui più grande peculiarità è quella di risultare simpatico a tutti. Cresciuto libero di scorrazzare per le sue terre, una volta adulto, sposato con Rosaria Battaglia e padre di quattro figli, si rende conto che la Sicilia non è più il luogo adatto in cui far prosperare i suoi affari; così, affida le sue terre a Vincenzo Rizzo, che da sempre ne cura gli affari, e si imbarca su una nave per l'America.
Quello che lasciavano in Sicilia li avrebbe resi grandi in America.
Com'è plausibile in un romanzo che racconta la storia di una famiglia, sono numerosi i personaggi che l'autore farà ruotare attorno ai Montalto: da quelli inventati a quelli storici, la sequela di nomi e situazioni da affrontare non si affievolirà mai per tutta la durata della lettura.

Questa storia è come una partita a scacchi, nella quale ogni mossa è funzionale a quelle dell'avversario; allo stesso modo, in questa storia ogni personaggio è legato a filo doppio a tutti gli altri.
Purtroppo, i legami sono superficiali e i personaggi secondari spesso si perdono nell'ombra dei Montalto, tanto che li vedremo sparire per decine e decine di pagine, per poi ritrovarceli improvvisamente davanti agli occhi e, con grandi difficoltà, dover ricordare chi siano e quali situazioni li riguardino.

Coprendo un arco di tempo che dal 1860 si protrae per oltre vent'anni, i salti temporali saranno parecchi, anche se non sempre ben delineati se non attraverso dei ricorsi storici (se non siete ferrati in materia, saranno dolori!).
Proprio la parte storica è, assieme al finale del romanzo, la nota dolente di questo libro: da Garibaldi a Nino Bixio, dai Borbone ai Savoia, passando per una fugace apparizione di Cavour, tutto appare eccessivo, ingombrante, ridondante, quasi l'autore abbia deciso di mostrare a noi lettori quanto sia ferrato in materia!
La Storia d'Italia (e d'America) sovrasta la storia dei Montalto, ne diventa quasi un'antagonista, una nemica che cerca continuamente di mettere in ombra questa famiglia.

Una famiglia, per altro, composta da due elementi caratterialmente di spicco: Antonio e la moglie Rosaria avrebbero dovuto essere i veri protagonisti di questo romanzo. Lei è una donna forte, proiettata al futuro, assolutamente non calata nei panni di moglie e madre che l'epoca avrebbe preteso. 
Se a Castellammare è proprietaria di una spezieria, una volta a New York riesce a portare avanti il suo ruolo di donna emancipata, tanto da diventare proprietaria e direttrice di una banca.
Allo stesso modo, Antonio è un personaggio affascinante, un uomo temerario in grado di superare gli ostacoli che gli si porranno davanti e di far diventare la sua famiglia una delle più agiate d'America.
Le loro storie personali, però, ogni qualvolta paiono spiccare il volo, tra inattesi colpi di scena e situazioni al limite della legalità, vengono quasi spente dall'autore che sceglie di dare spazio a vicende secondarie e, a parer mio, superflue ai fini della narrazione.

Il romanzo inizia con una voce narrante che ritroveremo solo all'ultimo capitolo; una voce che, però, rimarrà misteriosa. Chi è questo personaggio che ci svelerà il suo nome solo nelle ultime righe del romanzo? Chi sono i suoi genitori? Qual è il suo legame con Antonio Montalto. Nulla ci è dato sapere, lasciando presumere, a una riflessione più attenta, un eventuale seguito di questa storia.
Non rimane, però, addosso, quella voglia di proseguire una lettura che, già in questo primo volume, risulta essere eccessivamente ricca di fatti e personaggi, ma altrettanto superficiale quando si tratta di andare a fondo alle vite di questi stessi personaggi.

Sino a poche pagine dalla fine, tutto sommato, la lettura era risultata abbastanza soddisfacente; gli ultimi capitoli, però, e questa sorta di sospensione atta a incuriosire (in maniera fallimentare) il lettore, mi hanno lasciato l'amaro in bocca.


Ringrazio la Casa Editrice per avermi inviato una copia del romanzo

La Libridinosa

Cosa fai nella vita? Leggo!

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