Recensione 'Luna fredda su Babylon' di Michael McDowell: segreti e orrore nel Sud gotico


LUNA FREDDA SU BABYLON
Michael McDowell
Neri Pozza
440 pagine
21 ottobre 2025


Babylon, Florida, 1980. Il caldo soffoca la città, le superstizioni tormentano i pavidi, i serpenti uccidono gli incauti. Un fiume oscuro corre, rapido e letale, tavolta reclamando la sua libbra di carne. Quando la giovane Margaret Larkin scompare, è come se quelle acque volessero tornare alla sorgente, restituire chi non avrebbero mai dovuto inghiottire. Mentre una fredda luna si leva, accecante, sui peccati e le colpe di Babylon. Nessuno vuole avvicinarsi al fiume Styx, che lambisce la cittadina di Babylon, Florida. Solo i Larkin vivono in quelle terre paludose, che sono la loro fonte di sostentamento. Eppure il fiume non è sempre stato benevolo con loro e, quando anche l’ultima dei Larkin scompare, tutti si convincono che c’è del marcio a Babylon. Ma la maledizione che sembra funestare quelle rive è poca cosa rispetto alla cupidigia e alla brutalità degli uomini. La danza macabra tra i vivi e i morti è appena cominciata.


Quando l'Alabama diventa un incubo (e noi ci sguazziamo dentro)

Ci sono autori che ti si infilano sotto la pelle con la delicatezza di un ago e altri che ci entrano con la grazia di una motosega. Michael McDowell appartiene alla seconda categoria - anche se con le dovute eccezioni di un paio di romanzi non proprio indimenticabili. Dopo averci regalato la sontuosa, vischiosa e gotica saga di Blackwater, torna a farci visita con un'altra storia che profuma di muffa, colpa e segreti di provincia, Luna fredda su Babylon.

E io, che dopo Blackwater pensavo di aver toccato il picco massimo della fascinazione per il marcio americano, mi sono ritrovata di nuovo a fissare il vuoto, con le cuffie ormai mute alle orecchie (sì, l'ho ascoltato in audiolibro) e il cuore un po' stropicciato. Perché McDowell non scrive semplicemente horror o misteri: lui scrive di persone che si disfano, dentro e fuori. E lo fa con quella penna lucida e crudele che ti lascia addosso la sensazione di aver camminato sul fango.

"C'era una volta Babylon": un paesino come tanti (solo molto più inquietante)

Siamo nel sud degli Stati Uniti, dove il caldo appiccica i vestiti alla pelle e i pettegolezzi circolano più veloci della brezza. Babylon è una cittadina in cui nulla sembra accadere, finché, come sempre succede in questi luoghi sonnacchiosi, qualcosa di terribilmente irreparabile sconvolge la quiete.

La trama, che non vi spoilero per carità cristiana (e anche perché McDowell ama i colpi di scena quanto io amo il cappuccino), si dipana come una ragnatela: più ti muovi, più resti intrappolato.
C'è una famiglia che nasconde più segreti di un confessionale, un delitto che pare impossibile da spiegare e una luna fredda che illumina tutto, spietata e muta.

Il ritmo è serrato ma non frenetico: McDowell dosa la tensione con la pazienza di un entomologo, osservando i suoi personaggi mentre si dibattono nella propria disperazione, e noi lettori - sadici e un po' colpevoli - non possiamo fare a meno di stare a guardare.

Personaggi: il lato oscuro del perbenismo (e dell'ipocrisia)

Se pensate di trovare eroi o figure redentrici, scordatevelo.
In Luna fredda su Babylon nessuno è veramente buono e questo è uno dei motivi per cui il romanzo funziona così bene. McDowell è un maestro nel disegnare personaggi umanamente orribili e orribilmente umani.

C'è chi finge di non vedere e chi vede troppo, chi parla di peccati inciampando nei propri e una comunità che si nutre di chiacchiere e vergogna come di pane e burro.

Ogni figura è tridimensionale, scritta con un'attenzione psicologica che sfiora il voyeurismo. Ti ritrovi a odiali, poi a compatirli e, infine, a riconoscere in loro un pezzetto di te. (Sì, anche se non vivi in Alabama e non hai mai seppellito nessuno nel cortile. Almeno spero).

Scrittura l'eleganza della composizione

Lo stile McDowell è una carezza con guanto di ferro.
Ha quella prosa asciutta, cinematografica, che trasforma l'orrore in qualcosa di quasi estetico.
Le descrizioni non sono mai ridondanti, eppure ti ritrovi a vedere ogni ombra, ogni tremolio di luce sulla palude.

L'atmosfera è un personaggio a sé: palpabile, soffocante, a tratti sensuale.
E anche quando non accade nulla di eclatante, senti che qualcosa di terribile sta per succedere.
È un po' come quando il tuo cane ti fissa nel buio del corridoio: non sai cosa stia guardando, ma di sicuro non dormi più!

"Blackwater" vs "Babylon": due anime (sporche) dello stesso Sud

Non si può leggere Luna fredda su Babylon senza pensare a Blackwater.
In entrambe le opere, McDowell ci trascina in un Sud gotico e soffocante, dove l'acqua, il fango e la decadenza morale convivono con l'eleganza delle tradizioni familiari.

Ma se Blackwater era una saga epica e femminile, dove la magia e il mito si intrecciavano con il destino dei Caskey, Babylon è più intimo, più crudele, più carnale.
Non ci sono forze soprannaturali a muovere le fila - o almeno non nel senso classico - ma il vero orrore nasce dall'interno, dai sensi di colpa, dai rancori, dalla follia latente che si annida sotto al decoro.

Dove Blackwater era acqua che sommerge, Babylon è ghiaccio che ti congela lentamente. Entrambi ti lasciano con quella sensazione di disagio sottile e di bellezza disturbata. E diciamocelo: McDowell è uno dei pochi autori capaci di rendere il marcio così esteticamente affascinante da farti venire voglia di trasferiti in un villaggio infestato pur di leggerlo ancora.

Lettura o seduta spiritica (Spoiler: entrambe)

Ci sono momenti, leggendo Luna fredda su Babylon, in cui ti chiedi se stai ancora leggendo o se sei stata evocata dentro la storia.
L'autore gioca con la percezione del tempo e dello spazio e la sua scrittura ha qualcosa di ipnotico, quasi medianico.

McDowell non urla mai, ma sussurra.
E tu, sciocca che ti fidi,  ti avvicini sempre di più, finché non sei intrappolata.
Non servono mostri né case stregate: basta la mente umana per generare incubi. 
E questo, a ben vedere, è il segreto della sua grandezza.

Conclusione: perché 4,5 e non 5 (anche se avrei voluto)

Perché c'è un punto, verso il finale, in cui il ritmo rallenta leggermente, come se l'autore si concedesse un respiro troppo lungo prima dell'ultimo colpo. Niente di grave, ma abbastanza da togliere quel mezzo punto.

Detto questo, Luna fredda su Babylon resta una prova di scrittura maestosa, perturbante e magnetica, una di quelle letture che ti lasciano sporca dentro, ma anche incredibilmente viva.
È il tipo di romanzo che, se fosse un profumo, avrebbe note di terra bagnata, candele spente e segreti di famiglia.

McDowell, ancora una volta, dimostra di conoscere l'animo umano meglio di chiunque altro - e di non aver paura di mostrarne il lato più brutto, quello che preferiremmo ignorare.

E io, dal canto mio, resto qui, col solito cappuccino accanto e la sensazione che anche le storie più nere possano avere una loro, disturbata, forma di bellezza.




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