"Sotto mentite spoglie" di Antonio Manzini: Rocco e la squadra tra ironia, mistero e malinconia


SOTTO MENTITE SPOGLIE
Antonio Manzini
Sellerio
546 pagine
4 novembre 2025


Ad Aosta è quasi Natale. Una stagione difficile, per Rocco Schiavone, e non solo per lui. Un periodo dell’anno che da sempre con le sue usanze svetta nella nota classifica affissa in Questura.
Tutto sembra andare male. Ovunque nelle strade si esibiscono cori di dilettanti che cantano in ogni momento della giornata. La città è preda di lucine a intermittenza, della puzza di fritto, dell’agita- zione dovuta all’acquisto compulsivo. Lampeggiano vetrine e finestre, auto e antifurti. Di fronte ai negozi, pupazzi di raso e fiamme di stoffa si agitano al soffio dell’aria calda dimenando braccia, teste e lingue. Non c’è da aspettarsi niente di buono. 
E infatti. Una rapina finisce nel peggiore dei modi possibili, coprendo Rocco di ridicolo, fin sui gior- nali. Un cadavere senza nome viene ritrovato in un lago, incatenato a 150 chili di pesi. Un chimico di un’azienda farmaceutica sparisce senza lasciare traccia. Rocco non parla più con Marina. E nevica. Eppure qualcosa si muove. Sandra sta meglio, sta per uscire dall’ospedale. Piccoli spiragli, rari sorri- si, la squadra, come la chiama Rocco con un filo di sarcasmo, sembra crescere, i colleghi migliorano, i superiori comprendono. Schiavone a tratti sembra trovare le energie per affrontare gli eventi che si susseguono, le difficoltà che si porta dentro, e poi quello slancio svanisce e ancora si riforma. Il vi- cequestore entra ed esce dalla sua oscurità, a volte il sole lo aspetta, quasi sempre il cielo è plumbeo, una promessa di neve e di gelo. Passo dopo passo, però, anche se stanco, amareggiato, arrabbiato, Rocco Schiavone continua a guardare il mondo con gli occhi socchiusi, a indignarsi, a tenere insieme il cuore e il cervello, la memoria e il futuro.

Aria da serie incompiuta: il trauma della lettrice

Confessione da lettrice: lo ammetto, ho iniziato questo libro col cuore in gola. 
Gli ultimi romanzi di questa serie non mi avevano convinta del tutto e temevo di dover affrontare una delusione in piena regola. 
Ma eccoci qua: il miracolo di Natale! 
Risate, ironia pungente e quel velo di malinconia che rende questa serie unica, mi hanno accolta come una coperta calda in una notte di tempesta. 

Leggendo, mi sono sorpresa a ridere ad alta voce, a sospirare e a fare il tifo per la squadra di poliziotti più disfunzionale e adorabile che esista. 
Roby accanto e la frase più ripetuta è stata: “Sto gran fijo de…”. 
Eh sì, certe cose nella vita reale non si spiegano, ma ci si riconosce subito (Anto’… e che minchia!). 

Michela Gambino: regina silenziosa del libro

Se c’è un personaggio che meriterebbe un romanzo tutto suo, è lei: Michela Gambino. 
La sua ironia non è mai gratuita e sembra portare il peso di una storia intensa e mai raccontata. 
Ogni sua battuta, ogni sfumatura del suo carattere, ha il sapore di un piccolo tesoro nascosto tra le pagine. 

Mi sono ritrovata (ancora) a pensare che un romanzo su Michela sarebbe un regalo per noi lettori e per la letteratura italiana contemporanea: una voce femminile forte, ironica e intelligente che tiene testa a Rocco senza battere ciglio. 
E Manzini, con la sua maestria, riesce a farla brillare anche in second’ordine. 

Rocco Schiavone: il romano che conosciamo (e amiamo)

Rocco è sempre lui: cinico, geniale, con quell’intercalare romano capace di farci ridere in mezzo alla tragedia. Leggerlo è come fare un giro sulle montagne russe: ti ritrovi sospeso tra un sorriso e un brivido di malinconia.

La sua squadra cresce, respira e inciampa come persone reali. Non ci sono stereotipi, non ci sono macchiette: ci sono colleghi, amici e compagni di battute con i loro difetti e le loro piccole grandezze. 
Ogni dialogo tra Rocco e Michela o tra i poliziotti regala momento di vera leggerezza, intervallati da sprazzi di riflessione più profonda. 

Trama in punta di piedi… e poi botta finale

Non aspettatevi colpi di scena impossibili o trame da cardiopalma, ma un intreccio solido, curato, con un finale che lascia il dubbio giusto. 
È come guardare un teatrino ben costruito, dove ogni sipario si alza al momento giusto e tu resti lì a goderti lo spettacolo senza sbadigli. 

Il finale apre nuovi scenari sia per la squadra sia per Rocco: ci lascia con un filo di entusiasmo, ma anche con un pizzico di ansia da lettori. 
Perché, diciamolo, l’ombra della banalità incombe sempre nelle saghe di lunga durata. 
Speri, incroci le dita, preghi che Manzini sappia dove portarci, senza ridurre le sfumatura dei suoi personaggi a cliché già visti. 
È un equilibrio delicato tra curiosità e timore e questa volta, almeno per ora, ci si cammina sopra senza cadere. 

La metafora Libridinosa

Se questo libro fosse un piatto, sarebbe un risotto al salto: comfort food con un twist inatteso, quel crostino dorato che ti sorprende al primo morso e ti fa dire: “Oh sì, proprio così!” 
Il giallo non è mai stato così gustoso e sorprendentemente umano. 

Riflessione personale

4 ballerine su 5 perché Manzini torna a farci ridere e a farci sentire quel brivido di malinconia che rende la sua serie speciale. 
Perché Michela Gambino merita applausi a scena aperta. 
E perché Rocco Schiavone resta il romano che ci fa dire: “Ecco, questo sì che è un poliziotto con personalità”. 

E voi, lettori? Siete già stati trascinati nel vortice di ironia, malinconia e frasi romanesche? 



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