6 settembre 2021

Diario di Bordo - E se fosse colpa di Instagram?

 




Sintomi: ansia da lettura, stress da foto, affanno da “libro appena pubblicato” e, ultimo ma non ultimo, il tanto temuto blocco del lettore.
Cause? Potrebbero essere molteplici, ma dopo lunga e attenta riflessione e accurata osservazione dei miei colleghi blogger, direi che Instagram è il virus di cui preoccuparsi. Un virus così potente che il Covid gli spiccia casa!
E non c’è lockdown in grado di fermarlo né vaccino che possa arginarlo. Instagram esiste, ci condiziona, ci fa sentire in difetto, ci porta a compiere gesti inconsulti (tipo arrampicarci su impervie e insicure scale pur di avere l’inquadratura perfetta!) e, alla fine, ci fa cadere nel dimenticatoio dell’algoritmo che fa quel cazzo che gli pare!

Adesso mi calo nel mio ruolo di anziana (sia d’età che come blogger) e vi spiego come sia arrivata a fare queste riflessioni. Se non ve ne frega niente, cosa assolutamente lecita, ci rileggiamo alla prossima recensione! 

Quando qualcuno mi parlava di “blocco del lettore”, io lo guardavo sempre un po’ stranita, non perché non sapessi cosa fosse, ma perché, botta di culo pazzesca (ogni tanto capita pure a me!), non lo avevo mai provato sulla mia pelle! 
Poi ho aperto il blog e io, che già ero una lettrice che si potrebbe definire “forte”, ho alzato ancora un po’ l’asticella delle letture fatte. 
Il blog era uno sprone a leggere di più, a parlarvi di più libri durante il mese, e, comunque, soprattutto nei primi anni, c’era anche bisogno di postare spesso per tenerlo attivo e far sì che la gente lo scovasse in quel mare infinito che è l’internèt (leggere con accento del sud). 


E poi è arrivato Instagram… stu strunz! E inizialmente era bello, perché, oltre a leggere, potevi cimentarti nell’arte della fotografia… con risultati più o meno validi, perché mica tutti siamo la Bacci che lancia roba su un tavolo e tira fuori capolavori! 
Ma era divertente anche solo cercare gli oggetti giusti, scovare, durante la lettura, quel pezzo perfetto a richiamare la storia narrata, trovare l’inquadratura adatta… 
Ed è partito un delirio fatto di acquisto di fondali, recuperi di vecchie assi di legno, mariti chiusi in garage senza cibo né acqua finché non tiravano fuori esattamente quel pianale che serviva a noi, con le giuste misure e il giusto colore! 
Si è iniziato a parlare di feed armonici: ora è tutto un proliferare di armocromia, ma siamo state noi le prime a capire che seguire una palette (no, non quella del vigile quando il semaforo è guasto!) era esteticamente appagante! Io poi, armocromaticamente parlando, resto dell’idea che col nero non si sbagli mai! 
Ma la pacchia è durata poco e il passo dal divertimento all’ossessione è stato breve e fulmineo. E così, da un giorno all’altro, ci siamo (quasi) tutte ritrovate a chiederci perché i nostri profili non crescessero, perché le foto avessero pochi like e pochi commenti e giù a dire che “l’algoritmo è brutto e cattivo e ci penalizza”. 

Sapete qual è la verità, secondo me? Che siamo entrate in un tunnel fatto di foto a ogni costo, scatti su scatti per dimostrare che eravamo brave e in grado di “produrre contenuti” senza mai fermarci. Si è dato il via a una catena che ci voleva perfette sotto tutti i punti di vista: case sempre impeccabili, con luce perfetta e angoli verdi che la foresta amazzonica pare depressa! Ça va sans dire che dietro l’obiettivo, ci fossero panni da stirare, maglie ricoperte di peli di animali domestici, pile di piatti da lavare, ecc. 
Outfit creati appositamente per fare le storie, per abbinarsi alle copertine dei libri (sì, a quel punto qualcuno avrebbe dovuto davvero chiamare la neuro, ma non l’ha fatto!), set fotografici costantemente in mezzo ai coglioni (scusate il francese, ma qua serve); pianali di legno posizionati su tavoli da pranzo e famiglie relegate a mangiare appollaiate sulle sedie, con i piatti poggiati sulle ginocchia! Sempre che potessero mangiare, ‘sti disgraziati, perché la domanda di rito è diventata: “Questo posso mangiarlo o ti serve per la foto?”. 
E poi scatole ricolme di oggetti “ché questo in foto verrà benissimo”! Abbiamo comprato di tutto: chiavi finto - antiche, nastri di raso, fette di arance essiccate che ci son costate come un iPhone, bottoni, forbici da sarta con manici decorati… poi non sappiamo manco attaccarlo un bottone, ma son dettagli! 
Abbiamo estirpato fiori dalle piante dei vicini e raccattato foglie nei giardini delle città (pure i barboni ci hanno guardate male!). Abbiamo stracciato pagine di libri brutti per creare fondali particolari, comprato mele rosse solo perché in foto rendono meglio (sì, sto parlando di me!), rubato alle mamme zucche che non sono servite a farci i tortelli, ma sono state fotografate in tutte le posizioni possibili (ciao, Bacci!). 
Abbiamo pianificato sin nei minimi dettagli cosa postare e quando postarlo perché “il venerdì giammai, Instagram ti uccide… non postare all’ora di pranzo perché la gente non c’è, piuttosto pubblica alle 2 di notte così hai più copertura…”. Ma seriamente?! 

Pensate che sia finita qui? Ah! Che simpatici stolti che siete! Il delirio è una cosa lunga e strutturata! 
E quindi è partita la corsa a chi recensiva più velocemente i libri appena pubblicati e anche a chi ne recensiva di più. Un libro uscito da appena un mese veniva considerato già vecchio, roba buona per foderarci il secchiello dell’umido. Conseguenza? Su Instagram ormai si vedono sempre gli stessi quattro libri, che tutte cordialmente detestiamo! 

E poi, ancora, l’ansia da prestazione: quanto leggi? Ma leggi un libro alla volta? Eh no, dovresti leggerne almeno quattro differenti! E comunque leggi troppo/troppo poco. Sì, perché se stai sulla media di un libro a settimana, allora non sei degna di definirti lettrice, ma se leggi tanto vieni guardata male perché “figurati se una persona normale può leggere così tanti libri in un solo mese”. 
E via di tutorial in cui ci viene spiegato come leggere più libri alla volta o come leggere di più e se, gentilmente, con cortesia, magari così, anche solo pour parler, si fa notare che non tutti abbiamo la stessa vita, gli stessi impegni, lo stesso tempo a disposizione… vade retro, Satana! Come osi dire che io non faccio una mazza solo perché questo mese ho letto 47 libri? 
E non azzardarti, GIAMMAI!, a dire che tu, certi libri, certi generi, proprio non ce la fai a leggerli. Che mica li stai criticando, stai solo dicendo che no, tu il romance (o il fantasy, il thriller, il distopico, lo storico, il giallo, i libri, case, auto, viaggi, fogli di giornale…) non lo ami particolarmente. Perché su Instagram ti impiccano in pubblica piazza, ma che scherziamo?! 


Ma la cosa peggiore è che tante di noi si sono sentite in difetto. E non è stata una cosa razionale e ragionata (anche perché altrimenti ci saremmo fermate prima e ci saremmo sputate in faccia da sole!): è successa. 
È successo che, pian piano, abbiamo pensato di essere sbagliate, di non essere all’altezza, di non essere in grado di poter parlare di libri. E ci siamo fatte sempre più da parte, ci siamo chiuse in gusci fatti di silenzi, di serie tv, di giochini stupidi sui cellulari… tutto purché non ci chiedessero di aprire un libro e leggere. Eh sì, perché il blocco del lettore ci ha colpite, sempre più numerose, sempre più contemporaneamente. 
Parlavamo tra noi e le frasi erano sempre le stesse: “Non ho più voglia di leggere, non ho voglia neanche di prendere un libro tra le mani. Se lo faccio divento nervosa, non sono più in grado di concentrarmi su cosa sto leggendo e lascio perdere”. 

Ed è qui che è scattato il mio personale campanello d’allarme: quando mi sono ritrovata catapultata dentro queste sensazioni e queste parole, quando i libri si sono trasformati da compagni fedeli a nemici pericolosi. Quando i pomeriggi in poltrona non erano più fatti di tè caldo, copertina e un libro tra le mani, ma di iPad e giochi cretini. Quando le serate in cui faticavo a prendere sonno, non venivano più risolte dal “leggo un capitolo e poi un altro ancora”, ma da infinite maratone di serie tv. 

Instagram mi ha fatto sentire una lettrice sbagliata: una di quelle che non corre dietro al numero dei follower, ai post numerosi e all’ora giusta, ai libri che tutti spacchettano, alle caption che devono dirti tutto in 2500 caratteri perché “io mi scoccio a leggere roba lunga” (ma vaffanculo, ma di cuore te lo dico: V-A-F-F-A-N-C-U-L-O!!!). Ma io di secondo nome faccio Logorrea, oh Santa Lallina! Sapete quanti caratteri ha questo articolo che state leggendo? Più di 9000. NOVEMILADUECENTOCINQUANTACINQUE!!! (Se avete letto sino a qui, potete aggiungere un libro su GoodReads!).
Io sono una lettrice strana! Leggo poche ore al giorno, pur avendo tanto tempo libero a disposizione: il mio spazio lettura si concentra al pomeriggio, è il momento che preferisco e so che potrei leggere molti più libri, ma non voglio farlo! Voglio leggere quello che voglio e quando voglio, che si tratti di un libro appena pubblicato o di uno “vintage”! 
E leggo un libro alla volta, perché sono anziana e i neuroni mi si impicciano già così, figurarsi se dovessi tenere la fila di più trame alla volta! 
E poi ci sono volte in cui mi viene voglia di scattare 30 foto diverse in un pomeriggio solo e altre in cui, invece, pure la fototessera per la patente mi crea insofferenza. 

Sono fatta male? Forse sì. Ma forse è solo colpa di Instagram!






2 settembre 2021

Recensione 'L'uomo che metteva in ordine il mondo' di Fredrik Backman - Mondadori

 

L'UOMO CHE METTEVA IN ORDINE IL MONDO || Fredrik Backman || Mondadori || 

9 settembre 2014 || 321 pagine

Ove ha 59 anni. Guida una Saab. La gente lo chiama "un vicino amaro come una medicina" e in effetti lui ce l'ha un po' con tutti nel quartiere: con chi parcheggia l'auto fuori dagli spazi appositi, con chi sbaglia a fare la differenziata, con la tizia che gira con i tacchi alti e un ridicolo cagnolino al guinzaglio, con il gatto spelacchiato che continua a fare la pipì davanti a casa sua. Ogni mattina alle 6.30 Ove si alza e, dopo aver controllato che i termosifoni non stiano sprecando calore, va a fare la sua ispezione poliziesca nel quartiere. Ogni giorno si assicura che le regole siano rispettate. Eppure qualcosa nella sua vita sembra sfuggire all'ordine, non trovare il posto giusto. Il senso del mondo finisce per perdersi in una caotica imprevedibilità. Così Ove decide di farla finita. Ha preparato tutto nei minimi dettagli: ha chiuso l'acqua e la luce, ha pagato le bollette, ha sistemato lo sgabello... Ma... Ma anche in Svezia accadono gli imprevisti che mandano a monte i piani. In questo caso è l'arrivo di una nuova famiglia di vicini che piomba accanto a Ove e subito fa esplodere tutta la sua vita regolata. Tra cassette della posta divelte in retromarce maldestre, bambine che suonano il campanello offrendo piatti di couscous appena fatti, ragazzini che inopportunamente decidono di affezionarsi a lui, Ove deve riconsiderare tutti i suoi progetti. E forse questa vita imperfetta, caotica, ingiusta potrebbe iniziare a sembrargli non così male...

24 agosto 2021

Recensione 'La bastarda degli Sforza' di Carla Maria Russo - Pickwick

 


LA BASTARDA DEGLI SFORZA || Carla Maria Russo || Pickwick || 31 marzo 2015 || 365 pagine

1463. In una Milano splendida e in subbuglio dopo l'ascesa al potere di Galeazzo Maria Sforza, tiranno crudele e spietato ma anche amante delle arti e della musica, nasce Caterina, figlia illegittima di Galeazzo, la quale fin da bambina dimostra qualità non comuni e uno spirito ribelle: impossibile imbrigliarla nell'educazione che sarebbe appropriata per una femmina, ama la caccia, la spada, la lotta. Una sola regola sua nonna Bianca Maria riesce a inculcarle nell'animo: la necessità, per una nobildonna, di pagare il privilegio della sua nascita accettando il proprio destino, qualunque esso sia, per il bene del casato cui appartiene, anche a costo di tradire la propria natura. Per questo, quando è costretta a nozze forzate per salvare il ducato da una pericolosa guerra scatenata dal papa Sisto IV, Caterina subisce il matrimonio e, con esso, gli orrori perpetrati dal marito, che si rivela tanto violento quanto pavido e imbelle. Quando però, dopo la morte improvvisa di Sisto IV, loro protettore, si troverà coinvolta in una serie di feroci scontri tra gruppi di potere e opposte fazioni, il suo palazzo assalito e distrutto, la vita sua e dei figli in gravissimo pericolo, ritroverà lo spirito battagliero e il coraggio indomabile di un tempo e combatterà come e meglio di un uomo, lasciando un segno così indelebile nella vita di chi la ama e di chi la odia da guadagnarsi l'appellativo di Tygre.

17 agosto 2021

Recensione 'Solo per vederti felice' di Rosario Pellecchia - Mondadori


 

SOLO PER VEDERTI FELICE || Rosario Pellecchia || Mondadori || 28 maggio 2019 || 244 pagine

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Ross ha poco più di quarant'anni, vive a Milano e conduce il programma del mattino in una radio nazionale. La sua vita scorre senza grossi intoppi, tra la diretta quotidiana, il suo migliore amico ossessionato dalle ragazze, le improbabili sedute dall'analista e una storia appena iniziata con Sara. Il tutto vissuto con una buona dose di superficialità. Un giorno riceve una chiamata da sua sorella che lo informa del peggioramento delle condizioni della loro anziana madre, malata da tre anni di demenza senile. Laura gli comunica anche che durante il mese di agosto toccherà a lui occuparsene, senza se e senza ma. Ross cerca di sottrarsi, ma non c'è modo. Parte per la sua città natale, Castellammare di Stabia, pieno di dubbi: come farà a gestire questa situazione? E soprattutto, ne sarà capace? Il ritorno a casa conferma da subito le sue perplessità: la convivenza con sua madre si rivela molto complessa e sofferta, le sue domande incessanti e sconclusionate lo sottopongono a una dura prova, tanto da indurlo a mettere in pratica un'idea bizzarra. Tra colpi di scena, situazioni tragicomiche, momenti di struggente tenerezza e un finale a sorpresa, Ross tenterà di restituire a sua madre un barlume di felicità, rendendosi conto di essere diventato, nel frattempo, una persona migliore.

29 luglio 2021

Recensione 'Gli anni di cristallo' di Ulrike Renk - Tre60


GLI ANNI DI CRISTALLO || Ulrike Renk || Tre60 || 17 giugno 2021 || 336 pagine


Germania, 1938: dopo la terribile Notte dei cristalli, tra il 9 e il 10 novembre, la vita di Ruth Meyer e della sua famiglia non è più la stessa. La loro bella casa viene distrutta dalla furia cieca dei nazisti, e le violenze e le ostilità nei confronti degli ebrei aumentano di giorno in giorno. Chi può lascia la Germania per sfuggire a un destino inimmaginabile. Anche i Meyer cercano di ottenere i visti, ma le possibilità di lasciare il Paese in tempi brevi sono scarse, quasi e. Il loro unico desiderio è riuscire a rimanere uniti, ma quando il padre, Karl, viene arrestato, Ruth non vede altra via d'uscita se non quella di fuggire, sola, in Inghilterra. Lì, forse, potrà mettere a frutto la sua abilità di sarta, e, lo spera, potrà salvare la sua famiglia. Ma che ne sarà di Kurt, il suo unico grande amore, i cui genitori si rifiutano di lasciare la cittadina di Krefeld? Che ne sarà dei loro progetti? E riusciranno i Meyer a sopravvivere e ritrovarsi dopo la guerra? Una toccante saga famigliare ispirata a una storia vera, per ricordare sempre ciò che non deve mai essere dimenticato.


27 luglio 2021

Recensione 'Mia cugina Rachele' di Daphne du Maurier - Beat


MIA CUGINA RACHELE || Daphne du Maurier || Beat || 21 gennaio 2021 || 384 pagine

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Cornovaglia, metà Ottocento. Rimasto orfano a diciotto mesi, dopo la morte improvvisa dei genitori, Philip Ashley viene cresciuto dal cugino Ambrose, uno scapolo impenitente e misogino. Per anni il loro ménage familiare scorre sereno e tranquillo, e vano risulta qualsiasi tentativo da parte di amici e conoscenti di spingere Ambrose verso le gioie domestiche del matrimonio. Grande è, perciò, lo stupore di Philip nel ricevere una lettera da Firenze, dove da qualche anno Ambrose si reca a svernare per motivi di salute, in cui il cugino gli comunica di aver sposato una lontana parente, la cugina Rachele, vedova di un nobile italiano che è stato ucciso in un duello, lasciandola con un mucchio di debiti e una grande villa vuota. Quando le lettere di Ambrose dall’Italia assumono i toni sempre più confusi e drammatici di un uomo spaventato, lo sconcerto di Philip si trasforma in un’apprensione tale da spingerlo a raggiungere al più presto la città toscana. A Firenze, però, lo aspetta un’amara realtà: Ambrose è deceduto in seguito a un male che lo ha consumato in breve tempo, e Rachele è partita subito dopo il funerale, chiudendo la villa e portando via con sé tutti gli effetti personali del defunto. Rientrato in Cornovaglia, Philip si macera nell’odio nei confronti della donna, che si figura come una creatura grottesca e mostruosa. Ogni certezza, però, vacilla quando Rachele giunge all’improvviso in Cornovaglia per restituire a Philip gli averi di Ambrose. Il giovane si ritrova dinanzi a una donna molto diversa da quella che ha agitato le sue veglie e i suoi sogni per mesi. Una donna bella e affascinante che non ha nulla dell’assassina a caccia di denaro. Ma il bell’aspetto della cugina Rachele corrisponde davvero alla sua natura?