Recensione 'Bucaneve'
di Mélissa Da Costa - Rizzoli

BUCANEVE || Mélissa Da Costa || Rizzoli || 18 aprile 2023 || 480 pagine

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Ambre ha vent’anni e la vita davanti a sé, ma non la vede. Da un anno è l’amante ragazzina di un quarantenne, Philippe, professionista affermato, padre di famiglia. Vive nell’appartamento che lui le ha messo a disposizione, ma è un amore asfissiato che si nutre di scampoli di tempo. Quando Ambre, sopraffatta dal vuoto, tenta di farla finita, Philippe è già distante da quell’amore nuovo e salva il proprio imbarazzo offrendole una via di fuga: le trova una sistemazione ad Arvieux, un paesino delle Alte Alpi francesi, come cameriera stagionale in un albergo. In questa valle azzurra, dove la montagna si presenta allo stato puro e le vetrine dei bar sono appannate dai fumi della cioccolata, Ambre scopre un micromondo di sogni, fragilità, entusiasmi, delusioni. Le persone che incontra hanno, come lei, dolori che pesano e solitudini schierate come scudi. Persone come Tim, l’aiuto cuoco, ventiduenne gay rifiutato dalla sua famiglia; come Rosalie, madre single di una bambina di quattro mesi, che soffre di fobia dell’abbandono. Come Wilson, che preferisce il rumore del vento tra i pini alla compagnia degli uomini. Giorno dopo giorno, tra un turno in sala e una ciaspolata nei boschi di larici, tra incomprensioni e risate leggere, Ambre mette piede nei loro silenzi ed esce dal suo. Come accade quando, sulla superficie di neve invernale, protettiva e muta, riaffiora la vita nei petali di un bucaneve. Racconto delicato e sincero sull’amicizia, sulle seconde possibilità, sulle intermittenze del cuore, immerso in un paesaggio potente e benefico, Bucaneve è, soprattutto, un inno al coraggio di ricominciare.


Cento ore (più o meno) dopo aver iniziato questo libro e poche ore dopo averlo terminato, mi trovo qui, carta penna e calam... ah no, un'infinità di appunti dopo, a cercare di mettere in ordine i pensieri per potervi spiegare cosa non abbia funzionato con questa lettura.

Partiamo dal punto cruciale, quello che ha attanagliato i pensieri di chi mi segue su Instagram: perché ho finito di leggere questo libro, invece di abbandonarlo miseramente al suo destino? Perché mi è stato inviato dalla Casa Editrice e sono stata io a chiederlo! Quindi no, non sono psicopatica, ma, passatemi il termine, professionale!
E qui mi collego a un altro discorso: perché ho chiesto questo libro? Al di là della trama, Mélissa Da Costa è un'autrice che ho scoperto col primo/ultimo romanzo arrivato in Italia, I quaderni botanici di Madame Lucie, di cui ricordo ancora ogni sfumatura e le lacrime versate su quelle pagine.
Altrettanto piacevole era stata la lettura del secondo/penultimo romanzo, Tutto il blu del cielo, nel quale si riscontrava, sì, una sorta di ripetitività, ma che inficiava in minima parte la storia.
Mettiamo subito in chiaro una cosa: i romanzi di Da Costa sono arrivati a noi in ordine inverso; quello di cui vi parlo oggi, Bucaneve, è infatti il primo libro dell'autrice, pubblicato nel 2016 (non ho ben capito se come self o con una CE piccina) e che nessuno si era mai filato prima... vogliamo chiederci perché ? Io avrei una lunga lista di motivazioni!

Sta diventando consuetudine, almeno qui in Italia, pubblicare romanzi antecedenti di un autore che ha riscosso successo con l'ultimo suo lavoro; Da Costa non è l'unica "vittima" di questo sistema. Per citarne qualcuno mi viene in mente Thilliez, i cui romanzi precedenti "Il manoscritto" sono arrivati a noi dopo il successo di quest'ultimo; stesso discorso per Valérie Perrin che, dopo il clamoroso successo di "Cambiare l'acqua ai fiori", ha visto sbarcare sulla nostra penisola i due romanzi precedenti (e potevano restare Oltralpe assieme al formaggio!). Ultimo ma non ultimo, Michael McDowell, di cui Neri Pozza, dopo il successo di  Blackwater, pare porterà in Italia un romanzo antecedente la saga.
Cosa comporta tutto ciò? Che i lettori corrano ad acquistare questi libri, certi di ritrovare tra le loro pagine quella scrittura e quelle emozioni provati con le storie già lette! Vi svelo un segreto; spesso non accade. E non accade perché la scrittura è un processo di crescita, quindi è fisiologico che un primo romanzo risulti più acerbo, fragile, magari anche peggio strutturato.

Personalmente, se avessi scoperto Mélissa Da Costa con questo libro non le avrei dato più alcuna chance, quindi è stato un bene aver letto prima il suo ultimo lavoro; di contro, quella delle Case Editrici è una presa in giro bella buona nei confronti dei lettori, visto che, nella maggior parte dei casi, non viene specificato che la pubblicazione sia antecedente gli ultimi romanzi.

Concluso questo lungo (ma necessario) pippozzo, proviamo a parlare di Bucaneve e facciamolo partendo proprio dal titolo, quello originale però: "Je revenais des autres", letteralmente "Stavo tornando dagli altri".
E i bucaneve? Sticazzi! Non ci sono, non c'entrano... appaiono, en passant, a pagina 400, non hanno alcun nesso con la storia, non servono a nulla ai fini della trama, non ci sono neanche fisicamente. Quindi, segnate: sticazzi i bucaneve! E se qualcuno di voi avesse visto la box promozionale con i cioccolatini, sappiate che no, manco quelli hanno un senso (a me, però, a questo punto puzzano di corruzione!!!).

Ma quindi che cos'è questo romanzo? A lettura terminata, non mi sento di classificarlo in altro modo se non... tenetevi... state seduti... pronti? ROMANCE! Per carità, non uno di quei romance di bassa lega, tutti uguali, pieni di cliché dove a pagina due si sa già dove si andrà a parare, quello no! Però è sicuramente un romanzo nel quale le storie d'amore sono al centro della narrazione e, in buona parte, si tratta di amori tossici.
Bucaneve non è un romanzo sull'amicizia, come è stato definito, perché quello che si instaura tra i protagonisti è più una sorta di mutuo soccorso; più che di amicizia, parlerei di appigli: tutti si aggrappano agli altri pur di non affogare nel proprio dolore.

La protagonista di questo romanzo (o almeno quella che dovrebbe esserlo) è Ambre (che ha i capelli color ambra), che a 19 anni, dopo un periodo vissuto tra alcool, droghe e sesso occasionale con degli sconosciuti, incontra Philippe, professionista quarantenne, una moglie e due figli.
I due intraprendono, per volere di Ambre (che hai capelli color ambra) una relazione clandestina e, dopo sei mesi, lui le affitta un appartamento, cosa che porterà Ambre (che ha i capelli color ambra) alla rottura definitiva con i suoi genitori (di loro parliamo tra un po'!).
"Nei film, l'uomo affitta un appartamento all'amante. Vicino a casa sua."
In questa frase si racchiude l'essenza di Ambre (che ha i capelli color ambra); una ragazza fragile, immatura, che è passata dalla casa dei genitori a quella dell'amante, con una piccola sosta (alcolica) in quella della sua migliore amica.
Qual è il problema di Ambre (che ha i capelli color ambra) con i suoi genitori? La maltrattano? Il padre la molesta? Le negano una vita dignitosa? La fanno andare in giro come una stracciona? Non l'hanno fatta studiare? No, i Miller non parlano. I Miller sono, per educazione, per carattere, per cultura, due persone che faticano a costruire un dialogo tra loro e con i figli.
Non voglio giustificare questo comportamento, ma, da figlia di una famiglia (parecchio) disfunzionale, ammetto che ho faticato molto a capire l'astio, se non addirittura l'odio, che Ambre (che ha i capelli color ambra) mostra nei confronti dei genitori.
Quando parla di vita triste e di infanzia noiosa, Ambre (che ha i capelli color ambra) non fa altro che descrivere quella che è stata ed è l'infanzia di chiunque non faccia di cognome Berlusconi, Agnelli o Lucia-Ferragni!
D'altronde, da parte di Ambre (che ha i capelli color ambra) non si nota mai un passo nei confronti di quei genitori che, anche se a modo loro, hanno sempre cercato di essere presenti per la figlia.
Questo accadrà solo dopo il tentativo di suicidio, dopo che Philippe la porterà ad Arvieux per lavorare come cameriera durante la stagione sciistica.

Ed è lì che troveremo la "banda del mutuo soccorso": una schiera di personaggi creati a tavolino per fare da supporto psicologico (e non solo!) a questa ragazzetta stizzosa e antipatica (e ai suoi capelli color ambra chesperolecadanotuttiunoaunosinoalasciarlacalva!).
Una banda che, però, stride se messa davanti agli occhi di un lettore attento. Innanzitutto perché i personaggi sembrano disegnati per rispettare i canoni di inclusività che un romanzo moderno richiede: abbiamo Tim, 22 anni, gay, in rotta definitiva con la famiglia a causa della sua omosessualità; poi c'è Rosalie, mulatta (cosa che ci viene ricordata tutte le volte in cui è possibile, quanto inutile, farlo), ragazza madre della piccola Sophie, una neonata strana che a 4 mesi mette i denti, a 7 non sta ancora seduta da sola, ma a 9 inizia a camminare, mentre assaggia champagne dai bicchieri altrui!
Infine, abbiamo Andrea, italiano, bello e sciupafemmine, al quale viene risparmiato di urlare "pasta, pizza e mandolino", ma per il resto l'autrice gli affibbia qualunque stereotipo si possa attribuire a un nostro conterraneo!

Il resto dei componenti dello staff appare nelle prime pagine, giusto perché sarebbe parso davvero strano che fossero solo in quattro a lavorare in hotel; per il resto, occupano solo spazio attorno al tavolo da pranzo! A parte Wilson... Ecco, Wilson, il lavapiatti solitario alle soglie della pensione, cui l'autrice decide di dare spazio e voce solo nelle ultime 100 pagine (scarse).
Se Wilson fosse stato al centro di questa storia e se questo romanzo avesse avuto un paio di centinaia di pagine in meno, probabilmente ci saremmo trovati davanti all'ennesima perla di Da Costa. E invece no, ci è toccata Ambre (che ha i capelli color ambra)!

La cosa buffa è che la storia di Ambre (che ha i capelli color ambra) si chiude più o meno verso la prima metà del romanzo; a parte un piccolo dettaglio tra lei e Tim (sì, quello gay, gay dichiarato, convinto e con tanto di fidanzato campione di sci!), il suo rapporto con Philippe e, soprattutto, con i genitori, raggiunge una quadra nelle prime 250 pagine. Quadra anche un po' storta, di quelle fatte a mano libera, senza righello, perché sa di roba finita a tarallucci e vino e che ci si poteva anche risparmiare di raccontare e ammorbare il lettore!
Finita la trippa, giusto perché i romanzi corti pare siano stati vietati da qualche nuova legge, Da Costa dà il via al minestrone, iniziando a ravanare nelle vite di Rosalie (sindrome da abbandono un par di balle, bella mia, tu sei stronza e basta!) e di Tim... quello gay, gay convinto e dichiarato, avete presente? Che io vorrei davvero davvero davvero potervi dire che svolta ci sarà, ma gli spoiler non si fanno. Ma è una cosa così ridicola che non sapevo neanche se ridere, piangere o scrivere all'autrice e dirle di andare a quel paese!

Una delle cose che meno mi sono parse chiare durante la lettura è stata capire per quale motivo Rosalie e Tim si prodigassero così tanto per Ambre (che ha i capelli color ambra), una ragazza non solo sconosciuta, ma anche parecchio indisponente e, spesso, maleducata.
Una persona che non si crea alcuna remora nel pugnalare alle spalle anche coloro che dovrebbero essere suoi amici. Rosalie e Tim più che buoni mi sono sembrati autolesionisti!
Ma qui mi è anche scattata una riflessione sullo stile dell'autrice; essendo al terzo romanzo letto, quello che salta agli occhi è come Da Costa paia seguire, in ogni sua storia, uno schema ben preciso: prima c'è un grande dolore, poi un percorso di accettazione/crescita e, infine, arriva la rinascita.
Accadeva ne I quaderni botanici di Madame Lucie, dove Amande elaborava il lutto per la perdita del marito e della figlia, altrettanto in Tutto il blu del cielo, con Émile e Joanne a seguire lo stesso percorso.
In questi due romanzi, però, sia i personaggi che le storie narrate erano talmente forti e ben strutturati da fare passare in secondo piano la reiterazione di questo schema.
Questa volta, trovandoci davanti a protagonisti fragili, una storia mediocre e una serie di dialoghi banali, ecco che si nota la ripetitività delle scelte dell'autrice.

Devo ammettere che le prime 100 pagine si lasciano leggere piacevolmente: la scrittura di Mélissa Da Costa, benché acerba, è già riconoscibile; la storia, nonostante Ambre (che ha i capelli color ambra), incuriosisce al punto giusto e tiene viva l'attenzione e la speranza per l'arrivo successivo delle emozioni.
Purtroppo, poi subentra una sorta di ripetitività portata all'estremo che fa miseramente crollare ogni cosa: Ambre (smetto di ammorbarvi coi capelli color ambra!), Rosalie e Tim seguono gli schemi creati dall'autrice (dolore-crescita-rinascita), ma ci vengono anche raccontati come ragazzi vuoti, nonostante le sofferenze a cui la vita li ha sottoposti.
Il loro mantra è: "Beviamo, così tutto passa... facciamoci le canne così non pensiamo...". La frase più ricorrente tra le pagine del romanzo è: "Parliamo, tanto siamo ubriachi e domani avremo dimenticato tutto".
Io non so che idea abbia l'autrice (o che idea avesse quando ha scritto questo libro) di come funzionino i rapporti di amicizia; certo è che se per parlare con un amico ho bisogno di ubriacarmi... io rischio di tacere a vita, essendo astemia!

Un'altra cosa che mi ha fatto molto ridere durante la lettura (perché a un certo punto l'alternativa era tra buttarla sul ridere o buttare il libro!) è che siamo davanti a gente che lavora in un albergo di montagna nel pieno della stagione invernale. E sapete cosa fanno? Vanno in giro per il paese, bevono, vanno a ballare tutta la notte, bevono, la mattina si alzano tardi, bevono, affrontano viaggi di otto ore nel fine settimana, bevono... che l'ho detto che bevono?
Mettiamo in chiaro una cosa: non è uno di quegli alberghi con 300 persone che ci lavorano; qua, fra tutti, sono in 10, ma l'hotel è sempre pieno e questi non lavorano mai!
Adesso, non so voi, ma io ho lavorato per parecchi anni in quel settore e, nonostante la giuovine età, #colcazzo che andavo a ballare tutte le sere dopo una giornata di lavoro e sempre #colcazzo che la mattina potevo poltrire sino a tardi o avere i fine settimana e tutti i pomeriggi liberi!
Io capisco la necessità di movimentare le vite di questi ragazzi a favore della trama, ma qua sconfiniamo nel fantasy! E comunque, non oso immaginare le recensioni di quell'hotel su Tripadvisor!

Come dicevo prima, verso la fine del romanzo fa la sua apparizione concreta Wilson, l'anziano lavapiatti, burbero e silenzioso, al quale Ambre (come sono i capelli di Ambre?!), si attacca come una zecca.  È grazie alle pagine a lui dedicate che questo libro ottiene mezza stellina in più.
Il punto è che non bastano certo una quarantina di pagine a salvare una storia che fa acqua da tutte le parti, che oscilla tra banalità e ripetitività e che spesso fa l'occhiolino ad amorazzi poco credibili, dipendenze affettive e sesso occasionale buttato qua e là per stuzzicare (?) il lettore.

Per quanto mi riguarda, darò sicuramente un'altra chance a questa autrice, ma prima mi assicurerò che si tratti di un romanzo nuovo e non di qualcosa tirato fuori da un cassetto solo per marketing. E, soprattutto, se mai dovesse essere pubblicato, mi guarderò bene dal leggere il seguito di questo libro. Eh già, c'è un seguito: cinque anni dopo... chissà se finalmente qualcuno avrà strappato i capelli ad Ambre?!

La Libridinosa

Cosa fai nella vita? Leggo!

5 commenti:

  1. Recensione suuper interessante, l'ho letta fino all'ultima riga! Per fortuna ci sono i blogger che ci impediscono di cascare nelle trappole di chi i libri li deve vendere...

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  2. Mi hai tolto le parole di bocca! Ma io non sono neanche riuscito a finirlo! E' un romanzetto d'amore per sedicenni!

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  3. Straordinaria recensione, letta avidamente tutta d'un fiato e con mille volte più piacere del romanzo che ho abbandonato ben prima delle 100 pagine!

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  4. La recensione l'ho letta a tratti, un po' irritante il ripetere dei capelli color ambra e un po' sciocca. Se lo voleva essere per rimarcare la banalita' del libro capisco ma non l'ho trovata divertente, appunto solo sciocca. Il libro l'ho letto, il primo di questa autrice. Ho cercato di leggerlo dal punto di vista di ragazzi piu' fragili che non si sentono capiti in famiglia e non si sa il perche' (ce ne sono tanti anche in famiglie non disfunzionali !!!). Le anime tormentate a volte faticano a trovare la serenita', spesso la evitano e distruggono tutto quello che di buono capita loro. Il libro non diventera' un best seller, ma l'ho finito. Non saro' all'altezza della libridinosa ma tant'e....

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    1. Io mi chiedo sempre quale sia il senso di commenti come il suo, nel quale non si cerca mai un confronto costruttivo, ma si mira ad attaccare una persona che ha un parere diverso dal proprio.
      Ribadisco da anni che le recensioni sono pensieri personali e soggettivi, così come soggettiva è la lettura di un libro.
      Io ho letto tutti e tre i romanzi che sono stati tradotti di questa autrice; sicuramente avrei preferito sapere prima che questo era il suo primo lavoro, probabilmente l'avrei affrontato con aspettative inferiori rispetto a quelle che avevo, avendo amato tanto i precedenti/successivi libri.

      Comunque, le faccio i miei complimenti per aver perso 5 minuti del suo tempo, leggendo un parere sciocco come il mio. Non è che lei non sia alla mia altezza, è solo una persona che cerca lo scontro con chi non la pensa come lei.
      Care cose!

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