9 febbraio 2023

[club della neuro] Recensione “Rebecca la prima moglie”
di Daphne du Maurier - Il Saggiatore


REBECCA LA PRIMA MOGLIE || Daphne du Maurier || Il Saggiatore || 15 ottobre 2020 || 430 pagine



Durante un soggiorno a Monte Carlo insieme alla signora cui fa da dama di compagnia, una giovane donna, appena ventenne, conosce il ricco e affascinante vedovo Maxim de Winter. L’uomo inizia a corteggiarla e, dopo due sole settimane, le chiede di sposarlo; lei, innamoratissima, accetta con entusiasmo e lo segue nella sua grande tenuta di famiglia a Manderlay. Sembra l’inizio di una storia da favola, ma i sogni e le aspettative della giovane si scontrano subito con la fredda accoglienza della servitù, in particolare della sinistra governante. Eppure non si tratta solo di questo: c’è qualcosa, in quel luogo, che giorno dopo giorno rende l’ambiente sempre più opprimente; c’è una presenza che pervade ogni stanza della magione e che si stringe attorno ai passi dell’attuale inquilina come una morsa silenziosa. È Rebecca, la defunta signora de Winter, più viva che mai nella memoria di tutti quelli che l’hanno conosciuta e modello inarrivabile per la giovane, che invece si muove impacciata e confusa nella sua nuova esistenza altolocata e mondana. Un fantasma ingombrante che si trasformerà in una vera e propria ossessione per la protagonista, costretta a immergersi nelle ombre del proprio matrimonio e spinta sempre più ai con¬fini della follia, ¬fino a dubitare della propria stessa identità. Fonte di ispirazione dell’omonimo film di Alfred Hitchcock con Laurence Olivier e Joan Fontaine, Rebecca la prima moglie è l’opera più famosa e amata di Daphne du Maurier: un thriller psicologico ricco di suspense e mistero, colpi di scena e ribaltamenti inaspettati, passioni e segreti. Un grandioso romanzo sulla gelosia e sulla memoria, che conduce il lettore tra le pieghe dell’animo umano, là dove si nascondono gli spettri nati dal dolore più atroce e dalle paure più inconfessabili.

7 febbraio 2023

Recensione 'La libreria dei gatti neri'
di Piergiorgio Pulixi - Marsilio


LA LIBRERIA DEI GATTI NERI || Piergiorgio Pulixi || Marsilio || 10 gennaio 2023 || 296 pagine

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Grande appassionato di gialli, Marzio Montecristo ha aperto da qualche anno nel centro di Cagliari una piccola libreria specializzata in romanzi polizieschi. Il nome della libreria, Les Chats Noirs, è un omaggio ai due gatti neri che un giorno si sono presentati in negozio e non se ne sono più andati, da lui soprannominati Miss Marple e Poirot. Nonostante il brutto carattere del proprietario, la libreria è molto frequentata, ed è Patricia, la giovane collaboratrice di Montecristo, di origini eritree, a salvare i clienti dalle sfuriate del titolare. La libreria ha anche un gruppo di lettura, “gli investigatori del martedì”, un manipolo di super esperti di gialli che si riuniscono dopo la chiusura per discettare del romanzo della settimana. È una banda mal assembrata ma molto unita, di cui Marzio è diventato l’anima, suo malgrado. Un anno prima il gruppo si è dimostrato capace di aiutare una vecchia amica di Montecristo a risolvere un vero caso da tutti considerato senza speranza. Ora la sovrintendente Angela Dimase torna a chiedere la loro collaborazione per un’indagine che le sta togliendo il sonno: un uomo incappucciato si è presentato a casa di una famiglia, ha immobilizzato due coniugi e il loro figlioletto e ha intimato all’uomo di scegliere chi doveva morire tra la moglie e il figlio; se non avesse deciso entro un minuto, li avrebbe uccisi tutti e due. Il sadico killer viene presto soprannominato «l’assassino delle clessidre», visto che sulla scena del crimine ne lascia sempre una. Riusciranno gli improbabili “investigatori del martedì” a sbrogliare anche questo caso?

31 gennaio 2023

Recensione 'Il secondo piano'
di Ritanna Armeni - Ponte alle Grazie

 

IL SECONDO PIANO || Ritanna Armeni || Ponte alle Grazie || 10 gennaio 2022 || 288 pagine

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In un convento francescano di periferia, tra i profumi del giardino e un nuovo quartiere in costruzione, suor Ignazia e le sue sorelle si trovano nella surreale situazione di ospitare al piano terra un'infermeria tedesca e al secondo alcune famiglie sfuggite per miracolo al rastrellamento del Ghetto. A separarli, solo una scala e l'audacia mite di chi non esita a mettersi in gioco fino in fondo. Roma, nell'ultimo anno di guerra, non è «città aperta». I tedeschi, a un passo dalla sconfitta, la stringono in una morsa sempre più spietata, gli alleati stentano ad arrivare, i romani combattono pagando con il sangue ogni atto di ribellione. In una città distrutta dalla fame, dalle bombe, dal terrore, gli ebrei vengono perseguitati, deportati, uccisi, come il più pericoloso e truce dei nemici. E la Chiesa? Mentre in Vaticano si tratta in segreto la resa nazista e il pontefice sceglie, più o meno apertamente, la via della cautela, i luoghi sacri si aprono ad accogliere – sfidando le regole e perfino alcuni comandamenti – chi ne ha bisogno. È così che Ritanna Armeni, con l'entusiasmo rigoroso e profondo di sempre, attraversa un passaggio cruciale della nostra Storia e dà corpo a una vicenda esemplare, che parla di coraggio e sorellanza, di forza e creatività, di gioia, paura, resistenza.

24 gennaio 2023

Recensione 'Hypnosis'
di Karen Coles - Beat

 

HYPNOSIS || Karen Coles || Beat || 22 novembre 2022 || 288 pagine

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1906: Maud Lovell è rinchiusa nel Manicomio di Angelton da cinque anni. Nella sua memoria ci sono solo quelli; dei ventidue anni che li hanno preceduti non ricorda nulla, non un volto, non un luogo familiare. Non sa come è arrivata in quell’inferno in terra, non sa nulla di ciò che accade fuori di quelle mura fatiscenti. La sua mente è cosí instabile che non può fare a meno di ricorrere a gesti violenti; ha persino tentato di strangolare il dottor Womack. O almeno è quello che le hanno detto. Le sue giornate si susseguono avvolte in un torpore totale, che è pur sempre meglio degli incubi che bussano alla porta della notte. Un giorno compare a Angelton il dottor Dimmond. Ha gli occhi buoni, diversi da quelli di Womack. Le giura che lei non è stata sempre cosí, sempre con la mente malata, lo sguardo offuscato. Le regala un quaderno e, addirittura, una matita con la punta. Le dice che vorrebbe inaugurare una tecnica rivoluzionaria che prende il nome di ipnosi medica e che lei, una donna senza passato, è la candidata ideale per l’esperimento. Maud si chiede perché non abbia scelto la disgraziata che ride tutto il tempo, o quell’altra che si crede l’amante del re. Ma accetta di sottoporsi alle sedute. Dimmond è l’unica luce in quel luogo di tenebra, dove la solitudine è la regola e i suoi unici compagni sono solo pensieri confusi e disperati. Armato di un piccolo pendolo, il dottore va all’assalto dei muri che il cervello di Maud ha innalzato davanti al trauma, ed ecco che una vita che pare vissuta da un’altra persona emerge a frammenti, ondate di ricordi taglienti come schegge di vetro: il tragico incidente che ha causato la morte dei tre fratelli di Maud lasciandola senza un tetto né i mezzi per sostentarsi; la famiglia dell’eccentrico Mr Banville, che le ha offerto un lavoro e un rifugio, ma certo non la sicurezza… Sono ricordi reali o il frutto di una mente alterata? O, addirittura, circostanze indotte da chi vuole mantenerla in silenzio? Un giorno, però, Maud ricorda finalmente ciò che le è stato fatto e nella sua mente affiora un unico, chiaro pensiero: il pensiero della vendetta.

17 gennaio 2023

[Leviamocelo dai coconi] Recensione 'L'interprete'
di Annette Hess - Neri Pozza

 

L'INTERPRETE || Annette Hess || Neri Pozza || 9 maggio 2019 || 315 pagine

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Francoforte, 1963. In una gelida domenica d'Avvento, Eva Bruhns, giovane interprete dal polacco, riceve una inattesa telefonata dalla sua agenzia. In un ufficio al centro della città, dove pare stiano approntando le carte per un processo, hanno urgente bisogno di qualcuno che traduca dal polacco, dopo che un problema col visto ha impedito all'interprete incaricato di essere presente. Eva abbandona in tutta fretta l'appartamento paterno e di lì a poco si ritrova in una stanza angusta dove tre uomini sono in attesa, avvolti da fumo di sigaretta. Uno di loro, un uomo anziano, di bassa statura, siede impettito su una sedia al centro, come se l'intera stanza, l'intera casa, forse persino l'intera città fossero state costruite intorno a lui. È il signor Josef Gabor, da Varsavia. Eva tira fuori bloc notes e matita e si aspetta di avere a che fare con le solite cause legali per risarcimento danni. Ma, con stupore, deve ricredersi: Josef Gabor parla di tragici avvenimenti accaduti nel 1941, di prigionieri asfissiati dal gas, di baracche e campi di reclusione. Fatti ignoti a una ragazza tedesca del 1963, fatti che Eva traduce con difficoltà visto che l'anziano polacco parla un dialetto di campagna e lei è abituata a trattare di contratti e faccende economiche. Quella sera Eva torna al Deutsches Haus, "Casa tedesca", il ristorante di proprietà della sua famiglia, turbata e piena di interrogativi. Che cosa è accaduto davvero nel 1941? Di che cosa parlava l'anziano polacco? chiede. I suoi genitori si mostrano subito restii ad affrontare l'argomento. Il suo fidanzato, Jürgen, la invita a rinunciare all'incarico, inadatto, secondo lui, a una ragazza sul punto di sposarsi. Quando, tuttavia, l'indomani Eva apprende dal giornale che due degli uomini incontrati nella stanza piena di fumo sono il procuratore capo e il procuratore generale del processo in" procinto di svolgersi contro alcuni ex membri delle SS, vinta dalla curiosità accetta l'incarico. Nei giorni successivi dovrà fare i conti col trauma proprio dei figli della generazione del Terzo Reich, la scoperta della Shoah e dell'orrendo crimine perpetrato dai nazisti. Un crimine di cui non soltanto sono ancora ignoti numerosi autori, ma che è stato colpevolmente taciuto e rimosso in ogni casa tedesca, nei lunghi armi del dopoguerra.

12 gennaio 2023

Diario di Bordo - Ma quanto leggi? Ma quanto rosichi?



Puntuale come il Natale, alla fine (o appena a ridosso dell'inizio) di ogni anno, impera, soprattutto in quel merDaviglioso mondo che è Instagram la "polemica" sul numero di libri letti durante i 365 giorni appena trascorsi.
Fioccano bilanci, resoconti, liste, numeri su numeri che, diciamolo, al di là che si sia appassionati o meno di matematica, creano non poco scompiglio.
Ed è proprio in quel momento che il suddetto merDaviglioso mondo si divide in due categorie: chi storce il muso davanti a certe cifre e chi, millantando quelle cifre, dà agli altri dei rosiconi.
E allora, vediamo di fare un po' di chiarezza in tutto questo marasma di numeri, mugugni, rivendicazioni e accuse!

Iniziamo innanzitutto col dire qual è la mia posizione, così, a scanso di equivoci! Conto quanti libri leggo in un anno? Sì, perché sono maniacale (o psicopatica, come dice la Bacci) e vivo compilando liste, quindi vi pare che io non ne faccia una dei libri letti? Per chi mi avete presa?!
Stabilisco quanti libri vorrei leggere in un anno? Di nuovo sì! È tradizione che il 1° gennaio io acceda a GoodReads (nonostante ormai mi stia sulle ciapet!) e imposti una soglia da raggiungere entro il 31 dicembre.
E se non raggiungo quella cifra? Vivo serena! E se la supero? Vivo altrettanto serena, ma uso questa cosa come scusa per sfornare un dolce!
E qual è la cifra di libri libridinosi? Oscilla, solitamente, tra i 70 e gli 80 (perché io non sono cretina come l'amica mia bassa!); ho avuto anni in cui ne ho letti 100 e anni in cui non ho raggiunto i 50, ma, pensate un po', sono ancora  qui tra voi, viva, vegeta e rompiballe!

Ma sapete qual è un'altra cosa che faccio nei primi giorni dell'anno, sempre su GoodReads? Sbirciare i traguardi impostati dai miei "amici di social" e fare pulizia: sopra i 100 e sotto i 10 vi elimino come la polvere dai mobili... swiff swiff e ciao core!
E perché? Perché sono stron... ehm... perché siete poco credibili! Spiegatemi quale sia il senso di impostare un traguardo inferiore a un libro al mese. Dai, su! Tu, tuuuuuu che quest'anno hai impostato tre-libri-tre, dimmi: quale turbe ti affliggono?
Ma, soprattutto, tu signorina-io-leggo-pure-mentre-dormo, come pensi che io possa credere ai tuoi 250 libri letti?
E qua parte la crociata della distinzione, meglio conosciuta come "voi aveeeeete dei pregiudiiiiiiizi e ci giudicaaaaaate".
Sì, ok?! Non vi giudico, mica sono Santi Licheri, ma faccio una netta distinzione tra chi si ciba di soli romance (in tutte le loro sfumature e derivazioni) e chi, invece, naviga tra letture di un livello un attimino più alto. E capiamoci, non intendo dire che tutti debbano leggere Tolkien o Dostoevskij; semplicemente credo che leggere certi libri richieda un impegno mentale diverso rispetto ad altri. Che ho detto una minchiata?!

Ma torniamo al discorso centrale: perché quando qualcuno si lamenta di questi bilanci di fine anno fatti di numeri stratosferici, viene immediatamente additato come rosicone? Avete mai pensato a quale sia l'effetto collaterale di queste situazioni?
Personalmente, non ho mai rosicato per il numero di libri letti da altre persone. Sono sempre stata felice delle mie letture e sono anche una persona che tende a provare piacere a fare anche altro nella vita; ci sono giorni in cui ho voglia di leggere, ma anche giorni in cui preferisco disegnare, guardare la tv, sfornare un dolce, chiacchierare con mio figlio... La mia vita, checché se ne pensi, non ruota attorno ai libri!
Secondo punto: quando dite di aver letto più di 200 libri in un anno, esattamente cosa vi aspettate? Un applauso? Un premio? Io credo che l'unica cosa che otteniate sia che noi, brutte persone malpensanti, andremo a sbirciare quali siano stati questi libri che vi hanno tenuto compagnia (spoiler: in tempi di social e internet, lasciate traccia di tutto ciò che leggete!).
E zac! O ci ritroviamo davanti liste fatte di manga e fumetti vari, volumetti di 30 pagine (è più lungo il bugiardino di certi farmaci, credetemi!) e storie in cui Tizio tromba Caio e Sempronio li guarda per poi invertire i personaggi e rimanere fermi sempre sulla stessa storia. Oppure vediamo elenchi fatti di saggi, classici e tomi di 1000 pagine... e allora pure io, che notoriamente in matematica sono capace come la Bacci è in grado di morire, faccio due conti e mi rendo conto che avreste dovuto leggere un libro ogni giorno e mezzo.
E allora, visto che stiamo qua a chiacchierare, ditemi: dormite? Mangiate? Cucinate? Pulite casa? Lavorate? Avete un marito, un figlio, un cane, un gatto, un criceto? Trombate ogni tanto o vi siete votate all'ascetismo?
Perché, vedete, il punto è tutto lì, in quel numeretto: UN.LIBRO.OGNI.GIORNO.E.MEZZO. 
Se in quest'angolo ci bazzicate da un po' saprete benissimo che la sottoscritta fa la casalinga (orrore!), che Figlio ha 17 anni (quasi 18), quindi tende a una certa abbondante autonomia, che Consorte, insomma, o non c'è o quando c'è è parecchio collaborativo. Eppure... eppure io, che di norma leggo tanto, che sono anche abbastanza veloce nella lettura, manco se smettessi di fare cacca e pipì riuscire a leggere un libro ogni giorno e mezzo!

Ma il lato peggiore di tutto questo, sapete qual è? Sono tutte quelle persone che davanti ai vostri post o alle vostre storie, si ritirano in sé stesse, si sentono sbagliate, pensano di non essere lettrici degne di tale appellativo.
Ricevo messaggi di ragazze che mi dicono di essere sbarcate su Instagram alla ricerca di altri lettori con cui confrontarsi e di essere, proprio a causa dei vostri post e del vostro far apparire la lettura come una gara, scappate via a gambe levate; alcune di loro sono incappate in un blocco del lettore dal quale non sono più riuscite a riemergere.

Ed è a voi, lettrici da record, che rivolgo la mia domanda: siete felici? Avete ottenuto ciò che volevate? Chiamiamo Mattarella e vi proponiamo alla nomina di Cavalieri del Lavoro?
Perché no, io felice non lo sono affatto, anzi... Io sono felice quando una persona mi dice di aver scoperto un bel libro grazie a una mia recensione, quando mi dice che le parole che ho usato per scriverne le sono arrivate dritte al cuore e l'hanno fatta correre in libreria (o su Amazon, che è pure più veloce!).
Sono felice quando ricevo messaggi in cui mi si chiede di ricominciare a parlare di libri nei reel o nelle storie, perché il mio entusiasmo, la mia rabbia, la delusione, il fervore e tutti i sentimenti provati durante la lettura vengono a galla con la mia voce e le mie parole!

E per quanto riguarda voi, care Cavaliere della Lettura, mi spiace ma no, non siamo rosicone, non diventiamo verdi d'invidia (io verde ci sono perché sono il Grinch, l'invidia non mi appartiene!) davanti ai vostri numeroni a fine anno. Semplicemente, ci chiediamo quale sia il vero motivo per cui leggiate e cosa vi rimanga di tutto ciò che è passato davanti ai vostri occhi.

Ma in fondo, se voi siete felici così (sic!) chi siamo noi per dirvi che dovreste riflettere un po' prima di sbandierare certi numeri (e, soprattutto, vantarvi di certe letture)?